“Quando il Santo Padre parla di dittatura del relativismo mette il dito sulla piaga… Il male vuole convincere l’uomo che tutto consegnato all’opinione di ciascuno. Ma se tutto è relativo, c’è qualcosa per cui vale la pena di vivere e di morire? Si può spendere la vita per un mistero, non per un punto interrogativo…”. Si è introdotto con queste parole il Card. Bagnasco, parlando a Madrid, giovedì 18, ai giovani italiani.
Il Presidente della Cei ha ricondotto a questo orizzonte chiuso anche quell’atteggiamento che porta a “vivere per sé”, nel proprio perimetro, in una sorta di linea di difesa che porta al torpore dell’anima, all’indifferenza spirituale e intellettuale, che “rende lenti e poco vigili”.
Per non rimanere prigionieri di tale povertà, il Cardinale ha esortato i giovani a “spingere lo sguardo direttamente su Gesù Cristo: Lui non è un idea, una filosofia. E’ molto di più. E’ più che un profeta, più che un maestro, più che un eroe, più che un martire, più che un liberatore… è il Figlio di Dio fatto uomo!”. La strada della vita, ha continuato Bagnasco, è quella della “comunione personale con Cristo, è il nostro vivere in Lui, è essere incorporati in Lui, così che l’agire di Gesù diventa nostro perché è Lui stesso che agisce in noi”.
La condizione perché tutto ciò si avveri in maniera continuativa nella vita, ha concluso il Cardinale, passa attraverso tre verbi: conoscere (per cui il richiamo alla formazione cristiana, in quel noi che è la Chiesa), stare (fatto di preghiera personale e partecipazione sacramentale all’Eucaristia e alla Confessione) e custodire (parola che rimanda a quella fedeltà che evita che il dono ricevuto venga deturpato).