«Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (Laudato si’, 139). Le parole di Papa Francesco, nell’Enciclica sulla cura della casa comune, hanno sostenuto la riflessione del convegno “Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro”, promosso dalla Commissione Episcopale per il servizio della carità e la salute, dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, dai Vescovi della Conferenza Episcopale campana, dagli Uffici Nazionali per la pastorale della salute e per i problemi sociali e il lavoro, e dalla Caritas italiana. Al termine dei lavori i partecipanti all’incontro hanno ribadito l’impegno a vivere e promuovere l’ecologia integrale nei rispettivi territori e a livello nazionale.
La pandemia ha messo in luce, con grande forza, come tutto sia connesso: la vicinanza ai malati e a quanti stanno soffrendo per il virus si aggiunge alla solidarietà per chi vive sulla propria pelle gli effetti dannosi dell’inquinamento.
A causa di una mancata custodia, hanno sottolineato i partecipanti, «le nostre terre, da Nord a Sud, risultano contaminate da diversi fattori, con ampie conseguenze sulla salute, in particolare dei giovani e dei più poveri. Di fronte a questo dramma, la reazione delle istituzioni e della politica è stata spesso percepita come poco incisiva e distante dai bisogni della popolazione. È altrettanto vero che non ci sono stati né una sufficiente educazione alla custodia del creato né, in generale, un grande coinvolgimento da parte della comunità ecclesiale».
Come ricorda Papa Francesco: «Alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti» (LS 217). Eppure, aggiunge, «vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana» (LS 217).
Da qui l’auspicio dei partecipanti al convegno affinché «ognuno prenda a cuore la questione ambientale e che essa sia inserita ai vertici delle priorità delle istituzioni, ad ogni livello (nazionale, regionale e comunale)» per sviluppare sempre di più una cultura della cura.
«Quando qualcuno riconosce la vocazione di Dio a intervenire insieme con gli altri in queste dinamiche sociali, deve ricordare che ciò fa parte della sua spiritualità, che è esercizio della carità, e che in tal modo matura e si santifica» (LS 231).
La cultura della cura, quindi, non è appannaggio di alcuni o di specifiche categorie, ma deve riguardare ogni uomo e ogni donna di buona volontà.
Nonostante il dolore per le ferite del pianeta e di moltissime famiglie del nostro Paese, «non tutto è perduto» (LS 205), perché il «Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra Casa comune» (LS 13).
Per questo, dal convegno emerge l’impegno a lavorare per favorire la conoscenza della Laudato si’, aiutando le Diocesi a educare alla salvaguardia del creato, a offrire itinerari educativi e a motivare «fino a dar forma a uno stile di vita» (LS 211). Un passo significativo, in tal senso, verrà compiuto con la 49ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, in programma a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021, sul tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. #tuttoèconnesso”. Ciò che sta cuore è un futuro degno della dignità della persona umana e della casa comune. Solo coinvolgendo le famiglie, le scuole, la catechesi, i mezzi di comunicazione sociale sarà possibile trasformare i concetti di sobrietà e sostenibilità in stili di vita, da declinare nella quotidianità. Per fare questo occorre mettere in rete le buone pratiche, gli esempi virtuosi nati sui territori, per elaborare una proposta unitaria.
L’auspicio finale è che dal convegno possa prendere avvio un coordinamento tra le 78 Diocesi italiane, nel cui territorio ricadono i 42 “Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche”, censiti dal Ministero per la Transizione Ecologica: la “terra dei fuochi” non è un luogo circoscritto ma un fenomeno esteso all’intero Paese.