Il 21 e 22 giugno a Bergamo
l’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici patrocina un importante appuntamento formativo per chi cura gli archivi ecclesiastici, specie quelli parrocchiali. Tra esigenze di gestione ed informatizzazione, interessi della ricerca e tutela della riservatezza, i documenti conservati testimoniano la storia della comunità, definendone l’identità e l’inserimento attivo e propositivo nella società.
«Gli archivi ecclesiastici – spiega mons. Stefano Russo, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici – in Italia stanno vivendo una certa evoluzione, mantenendo la propensione a conservare il più possibile le carte ma guardando con sempre maggiore interesse al dialogo con il mondo contemporaneo e quindi allo sviluppo dei propri servizi, nell’ambito di una rinnovata e consapevole attenzione all’annuncio di cui si fanno portatori e protagonisti in modo del tutto particolare».
Fin dal 2004, l’Ufficio diretto da mons. Russo ha dato vita al progetto CEI-Ar, rivolto al riordino e alla descrizione dei documenti degli archivi storici ecclesiastici. Il progetto vede oggi l’adesione di 262 archivi storici, di cui 153 diocesani e 109 ecclesiastici in generale (fra questi è prevalente la partecipazione di archivi di Ordini religiosi).
«L’Ufficio Nazionale – prosegue mons. Russo – sta puntando molto in questi anni, fra le altre cose, alla formazione, alla specializzazione e all’aggiornamento degli operatori. Accanto ai corsi ordinariamente tenuti per l’avvio del progetto CEI-Ar (ad oggi sono stati tenuti 26 corsi residenziali a Roma, 4 a carattere regionale ed è attiva una sessione di e-learning) che hanno formato 350 archivisti, abbiamo promosso attività specifiche, come il Convegno del 2010 dedicato all’aggiornamento su queste attività e il corso residenziale della durata di una settimana dedicato alla conservazione dei documenti. Il nostro patrimonio – conclude il Direttore – va conosciuto e tutelato perché così si pongono le prime indispensabili basi per costruire il futuro delle nostre comunità non perdendo di vista la nostra storia».