Rapporto Italiani nel Mondo 2019 della Fondazione Migrantes

Presentazione nazionale della quattordicesima annualità

“Interrogarsi con onestà e riflettere con rigore sulla percezione e la conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi che hanno accompagnato il migrante italiano” serve “non solo a fare memoria di sé, ma diventa motivo di migliore comprensione di chi siamo oggi e di chi vogliamo essere”. Lo ha affermato mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, intervenendo alla presentazione della XIV edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes che quest’anno contiene il focus: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiu-dizi all’amore per il made in Italy”. “Sorprende, amareggia, incupisce – ha osservato – leggere dei tanti episodi di denigrazione ai quali gli italiani sono stati sottoposti in passato come migranti, ma amareggia ancora di più trovare episodi e appellativi oggi, rendersi conto che ancora, a volte, persistono questi atteggiamenti di discriminazione o, addirittura, ne sono nati di nuovi come nel caso della cooperazione internazionale”. A volte, ha aggiunto mons. Russo, “è la stessa Chiesa ad essere stata oggetto di tali accuse” e “oggi è al centro delle discussioni più animate proprio per il tema della mobilità”.
Secondo il segretario generale della Cei, invece, “siamo chiamati a volgere il nostro sguardo e il nostro impegno verso tutti in modo uguale ricercando nuovi strumenti per guardare al migrante come soggetto in movimento all’interno di uno spazio comune che è la Madre Terra, che è di tutti e non di alcuni solamente, madre quando accoglie e matrigna quando costringe ad andare via”. “Qualsiasi sia il tipo di migrazione oggi, qualsiasi migrante si prenda in considerazione da qualsiasi angolo della Terra arrivi e in qualsiasi luogo lui voglia andare, va considerato persona migrante e, quindi, va accolto, protetto, promosso e integrato”, ha ribadito mons. Russo per il quale occorre “non calare dall’alto programmi assistenziali, ma costruire comunità che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperte alle differenze e sappiano valorizzarle”. Si tratta cioè di impegnarsi a creare “comunità radiali e circolari, dove il senso di appartenenza viene modificato e giammai cancellato, dove ogni persona possa sentirsi di appartenere non in modo esclusivo, ma possa poter dare un contributo e, allo stesso tempo, ricevere collaborazione”.

In allegato il testo dell'intervento

S.E. Mons. Stefano Russo

25 Ottobre 2019

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Come prendersi cura di qualcuno è un tema che da sempre affascina l’umanità. Abbiamo iniziato dalla semplicità di piccoli gesti di aiuto per poi definire nel tempo forme di cura organizzata sempre più evolute. La sapienza del cristianesimo e il senso di una solidarietà diffuse hanno generato l’ospedale insieme ad altre strutture specializzate. Nel tempo, tutti i paesi nel mondo si sono dotati di un sistema più o meno ampio di assistenza.In Italia, la cura delle persone affette da problemi di salute ha un carattere universalistico. Chiunque risieda, anche temporaneamente, sul nostro territorio ha diritto ad essere curato. Oggi, questo sistema presenta punti di crescente criticità. Cosa pensare? Che fare? Quali correttivi applicare? Quale contributo può dare la comunità cristiana?Sono alcune delle domande che questo convegno nazionale vuole affrontare.Per le modalità di iscrizione e il Programma provvisorio in continuo aggiornamento visita il Sito web del Convegno nazionale di Pastorale della salute CEINote organizzative