futuro. Un’intera cultura dominante ha scordato il valore della paternitĂ e della maternitĂ , anche spirituali. Mancano i figli e mancano i genitori. Ma mancano anche gli educatori e i maestri. Parlando dei figli che mancano nel nostro Paese non dobbiamo dimenticare i figli che – numerosi – un futuro l’avrebbero se non se lo vedessero rubato dalla denutrizione, dalla malattia, dalla guerra; per non dire di quelli che un futuro non lo potranno mai avere perchĂ© viene loro radicalmente sottratto dalla persistente pratica dell’aborto.
Occorre quindi lavorare su piĂą fronti.Sulla famiglia, per vincere la tenaglia dell’egoismo che spinge a considerare la generositĂ , la comunione e la fraternitĂ i vizi dei perdenti, quando invece la storia dice che alla lunga sono le virtĂą dei vincenti.Sulla societĂ , sul mercato del lavoro, nel dibattito culturale a partire dai mass–media, per proporre immagini positive di genitori uniti, responsabili e felici.Sulla politica, perchĂ© consideri davvero la famiglia quello che è: il primo nucleo della societĂ italiana, e attorno alla famiglia costruisca un progetto di Italia futura, investendo con convinzione sui figli, nostro futuro.
Per affrontare questi impegni non mancano le risorse di tanti uomini e donne che credono nella vita. Credono anche quando le condizioni di disabilitĂ lasciano intravedere un futuro difficile e lottano per renderlo il migliore possibile. Testimoni ad un tempo di amore alla vita e di speranza per il futuro. Benedica e avvalori questi intendimenti il Dio della vita.
Roma, 1 novembre 2003
Il seguente messaggio è stato presentato da S.E. Mons. Dante Lafranconi, Presidente della Commissione Episcopale per la famiglia e la vita, nella sessione del Consiglio Episcopale Permanente del 22–25 settembre 2003.
Il messaggio, a firma del Consiglio Episcopale Permanente, viene pubblicato per preparare debitamente la celebrazione della Giornata nelle diocesi.
Senza figli non c’è futuro. Se i figli sono pochi, in una societĂ di adulti e anziani, il futuro svanisce. A chi consegniamo ciò che siamo, ciò che a loro volta ci hanno consegnato i nostri genitori? E vero anche il contrario: senza futuro non ci sono figli. Quando l’orizzonte si fa incerto o rischioso, si avverte sempre meno il desiderio di donare la vita, il coraggio di generare dei figli.
Alla “crisi delle nascite, al declino demografico e all’invecchiamento della popolazione” si riferiva anche il Santo Padre nel suo discorso al Parlamento italiano del 14 novembre 2002, invitando “a un impegno responsabile e convergente, per favorire una netta inversione di tendenza”. Per riuscirci, occorre aver presenti le cause della crisi, che sono piĂą d’una e di varia natura. Il Papa parlava di “problemi umani, sociali ed economici”, assieme.E un problema l’uomo. Siamo sempre piĂą concentrati su noi stessi, preoccupati della nostra realizzazione personale. Ciò non è negativo; lo diventa se degenera nell’unico obiettivo che divora tutto il resto. Un gigantesco “io” stritola un fragile “noi”. PerchĂ© allora lottare per tenere insieme la propria famiglia? PerchĂ© partecipare alla vita amministrativa e politica per rendere migliore la propria cittĂ e il proprio Paese? Una soggettivitĂ esagerata non concede spazio a nessuno, certo non a un figlio, a meno che non serva anch’egli a gratificare l’io.
E un problema la societĂ . Viviamo nella “modernitĂ liquida”, in cui nulla dev’essere solido, duraturo, permanente, per sempre. I valori di ieri erano la stabilitĂ e la fedeltĂ . Oggi sono il movimento e il cambiamento. Si dice che bisogna essere flessibili, senza un terreno su cui mettere radici; che solo il presente è un valore; non lo sono nĂ© il passato nĂ© il futuro. Il tempo si riduce così a una sequenza di attimi presenti, senza un prima nĂ© un dopo. Se questo è il contesto culturale, i figli non possono rientrare nel progetto della modernitĂ . I figli infatti sono per sempre, richiedono una famiglia solida per poter crescere, genitori che diano loro amore per tutta la vita, stabilmente. I figli, inoltre, catalizzano energie che invece – viene suggerito – è bene dedicare alla carriera, al successo, al potere. I figli dunque non appartengono all’orizzonte di questa modernitĂ , di questa cultura.Sono un problema anche le risorse economiche. Non si possono monetizzare i figli, ma è evidente che costano molto e l’organizzazione della nostra societĂ li fa costare sempre di piĂą. E la cruda realtĂ con cui devono misurarsi i genitori, i quali possono contare su aiuti economici e sgravi fiscali, che però non incidono ancora in modo determinante nella soluzione dei problemi quotidiani e che comunque restano distanti dai livelli di altri paesi europei.Â
Un contributo una tantum alle coppie che generano un figlio è senz’altro una forma di incoraggiamento, ma non risolve tutti questi problemi se poi il contesto rimane immutato; se cioè il part–time, soluzione ideale per molte madri con figli piccoli, è spesso una chimera; se gli asili nido sono ampiamente insufficienti; se le donne che dedicano alcuni anni della loro vita – quelli in genere piĂą proficui per la carriera – ai figli, quando rientrano nella loro azienda, vengono considerate professionalmente superate e non abbastanza amanti del lavoro; se un padre che sceglie il congedo è fatto oggetto d’ironia, piĂą che d’ammirazione; se una giovane coppia vede svanire nell’affitto di un bilocale, inadatto a famiglie con tanti figli, metĂ del proprio reddito.Senza figli non c’è futuro. Ma anche senza genitori non c’è