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 Ufficio Catechistico Nazionale - Settori UCN - Catechesi delle persone disabili - Corsi, Seminari e Giornate di studio - Anno 2003 - Corso formativo nazionale Catechesi dei Disabili 
Anno 2003 - Corso formativo nazionale Catechesi dei Disabili   versione testuale

Saluto
S.E. Mons. Angelo Comastri
Arcivescovo – Prelato di Loreto
 
Sono lieto di essere con voi, sono lieto di salutarvi e di farvi anche sentire, attraverso la mia povera persona, il calore della Casa della Madonna. Credo che per me una delle cose più belle è proprio questa: in qualche modo fare il ‘portinaio di casa’.
 
Tradurre con la cordialità, con il sorriso l’ospitalità di questa casa, che è la casa più bella, la casa simbolo, la casa di riferimento di ogni casa, che è la casa di Maria.
Sono sicuro che in questa casa voi siete particolarmente benvenuti. Perché la Madonna ha sicuramente pensieri di particolare affetto per voi e per quello che voi siete.
Vorrei lasciarvi un ricordo che nella settimana scorsa è stato anche il tema di una meditazione al Papa, il quale, quando ha letto questa lettera, è rimasto molto colpito, tant’è vero che dopo ha voluto il testo completo e si è anche commosso quando l’ha sentita leggere.
 
È la lettera di una disabile, di Benedetta Bianchi Porro. Vi racconto l’antefatto: era l’estate del ‘63 e lei era ormai completamente immobile, paralizzata. Aveva soltanto il movimento della mano destra, curiosamente sempre rimasto, fino all’ultimo momento della sua vita. E la parola che conservò fino alla morte.
Aveva perso l’odorato, l’olfatto, il tatto che era appunto rimasto solo nella mano destra; aveva perduto, il 28 febbraio del ’63, anche la vista.
Nell’estate la mamma di Benedetta, Elsa, attraverso la mano destra trasmise alla figlia una lettera che era l’appello disperato di un giovane di Pontedera, Natalino, il quale – per una malformazione congenita della spina dorsale – non riusciva a camminare.
Lui sentiva fortemente questo handicap al punto tale che mandò una lettera con toni di disperazione molto forti al direttore di Epoca.
La mamma non so per quale intuito, pensò che leggere questa lettera alla figlia potesse essere una qualche consolazione, come per dire: “c’è qualcuno che sta come te o peggio di te”. Forse era questo l’intendimento della mamma. La lesse tramite la mano, perché Benedetta, che era un medico, scherzando, aveva preparato la mamma a questo alfabeto e lei stessa si era preparata. Quando ancora vedeva, a volte nel pomeriggio chiedeva alla mamma di giocare a parlare con la mano. Chiudeva gli occhi e diceva: “dimmi, trasmettimi qualcosa”. Allora, già sorda, aveva allenato la mamma e se stessa a questa comunicazione, non facile, non semplice.