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I compiti di una amministrazione diocesana


Economato e Amministrazione - Convegno Nazionale degli Economi diocesano


1. Presupposto fondamentale è che tocca al Vescovo il compito di amministrare la diocesi. Egli ne è l’ultimo responsabile e deve accertarsi che l´ente sia gestito in modo trasparente e corretto, nel rispetto della legalità e dando una adeguata immagine di chiesa. I beni economici infatti sono necessari alla vita della Chiesa, ma vanno utilizzati con sobrietà e in modo proporzionato al perseguimento dei fini specifici di un ente ecclesiastico.


2. Naturalmente il Vescovo, per poter svolgere anche questo compito, deve avvalersi di adeguate collaborazioni e, in primo luogo, della figura dell´economo, espressamente prevista e richiesta dal Codice di Diritto Canonico. Il Codice non dà però molte specificazioni sulla figura dell´economo, non ne precisa particolarmente il ruolo. Per questo ogni diocesi ha fatto sue scelte differenti e si è strutturata secondo le proprie esigenze.
Queste differenze non dipendono solo dalle dimensioni o dalle caratteristiche delle singole diocesi, dipendono piuttosto dall´idea e compito che si è voluto attribuire all´economo: abbiamo casi in cui si è unificata la figura dell´economo e del responsabile dell´Ufficio Amministrativo Diocesano, casi in cui invece si è operata una netta distinzione tra i due compiti e, infine, casi in cui si è dato all´economo un ruolo più complessivo, inserendo l´UAD tra gli ambiti a lui subordinati, anche se con una propria autonomia.


3. Non intendo tentare una valutazione di queste diverse scelte, tutte altrettanto legittime, né suggerire quale strada percorrere, tocca evidentemente ai singoli vescovi trovare le modalità più adatte alle situazioni locali. Vorrei tentare piuttosto di domandarmi quali sono i compiti che comunque sono essenziali nella amministrazione di una chiesa locale e come la figura e la saggezza dell’economo possono aiutare a realizzarli.


4. La diocesi ha in primo luogo un compito di controllo e di vigilanza sugli enti ecclesiastici.
Questo è un servizio in relazione al quale in genere le diocesi sono adeguatamente attrezzate, anche per la ormai lunga tradizione degli UAD. Va tuttavia ricordata l´importanza di questo ruolo, non solo per i compiti autorizzativi previsti dal Diritto Canonico, che necessitano di una opportuna organizzazione e di un utilizzo corretto del Consiglio per gli Affari Economici della Diocesi e del Collegio dei Consultori. Considerando poi la difficoltà degli enti minori, in particolare delle parrocchie, ad avere adeguate strutture amministrative, è essenziale che la diocesi possa fornire loro alcuni supporti. Penso in particolare al tema della conoscenza del patrimonio e all´esigenza che l´UAD abbia un archivio (cartaceo ed elettronico) in cui tenere perfettamente aggiornata la situazione patrimoniale degli enti ecclesiastici dipendenti. Penso anche alla possibilità di raccogliere e analizzare i rendiconti di quegli enti e verificarne così la corretta impostazione. Penso poi anche ad una attività di assistenza, consulenza e orientamento di cui soprattutto le parrocchie hanno molto bisogno.


5. In secondo luogo la diocesi deve preoccuparsi della amministrazione dei beni propri. Qui forse occorre ricordare come la maggior parte delle diocesi non abbia soltanto a che fare con l´ente diocesi in quanto tale, ma con una serie di enti centrali, cui nel tempo si sono attribuite varie funzioni essenziali alla vita diocesana. Anche di fronte a questi enti ci sono scelte diverse nelle varie realtà locali. Alcuni vescovi hanno scelto di affidare all´economo il solo compito di amministrazione dell’ente diocesi, altri gli hanno affidato un ruolo più vasto di governo su tutti gli enti significativi. Senza entrare nel merito delle diverse opzioni, come dicevamo tutte legittime, resta evidente l´importanza che il vescovo , se non all´economo, affidi comunque a qualcuno di sua fiducia un compito generale di governo su questi enti, per evitare che ciascuno vada per la sua strada e diventi magari monopolio di una persona o di un gruppo di persone. Il vescovo deve avere in ogni momento una chiara visione della situazione di questi vari enti e una possibilità reale di coordinamento.


6. Concentriamoci però ora sull´ente diocesi e sul come governarlo, perché quanto si dice di questo ente vale poi anche per tutti gli altri. La diocesi può essere un po´ un modello per tutti gli altri enti ecclesiastici. Deve avere prima di tutto una amministrazione contabile efficiente. Questo significa che tutte le entrate e le uscite della diocesi vengono contabilizzate in modo preciso e unitario. Non ci possono essere attività diocesane che sfuggono a questa norma per nessuna ragione. Anche il vescovo in quanto primo responsabile e amministratore dell´ente, non può che sottostare a questo principio fondamentale.
Mentre alle parrocchie possiamo chiedere semplici rendiconti di cassa, una diocesi necessita di una contabilità completa, secondo i principi della competenza, e deve poter produrre un vero bilancio sia patrimoniale che economico. Questo è certamente un compito a cui l´economo non può sottrarsi e che il Consiglio per gli Affari Economici della Diocesi è chiamato ad esaminare con particolare attenzione. L´impostazione contabile per competenza consente di conoscere la reale situazione dell’ente e permette una valutazione più approfondita delle sue reali condizioni economiche.
Inutile insistere sulla unità e l´unicità dell´ente. Ricordare per esempio che non esiste un ente curia vescovile (magari con conti bancari intestati a questo nome), come non esistono singoli uffici diocesani e tanto meno con loro casse e loro conti bancari. L´economo da questo punto di vista deve diventare addirittura intransigente. In una diocesi ci deve essere una cassa sola e una contabilità precisa. Qualunque altra soluzione è assolutamente inaccettabile. Si può dare il caso in cui una diocesi svolga una particolare attività commerciale, per questo deve tenere una contabilità distinta da quella istituzionale, ma tutto deve sottostare alla diretta responsabilità dell’economo.


7. Altro problema di un certo rilievo per la diocesi è l´amministrazione del patrimonio sia immobiliare, che mobiliare.
Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare occorre tenere presenti le particolari caratteristiche dell’ente diocesi e valutare quale patrimonio sia più adatto, oltre a quello istituzionale, per offrire un reddito e non creare impatti negativi sulla opinione pubblica.
Circa il patrimonio mobiliare, sarà cura di chi amministra una diocesi di investire il denaro più a breve o lungo termine, secondo le esigenze di cassa, ma sempre tenendo presente la natura e la finalità dell´ente ed evitando ogni tipo di investimento che possa in qualunque modo mettere a rischio il capitale non proprio che si amministra. Sarà più opportuno accontentarsi di rendimenti bassi ed evitare qualunque forma di speculazione.


8. Un´ultima notazione si può fare riguardo all´esigenza da parte del vescovo di dare adeguate procure per la gestione dell´ente. Oltre che canonicamente anche dal punto di vista civile il legale rappresentante della diocesi è il vescovo. Si può tuttavia ritenere meno opportuno che sia il vescovo stesso ad operare. Il vescovo può dare deleghe specifiche di volta in volta a uno o più procuratori, questo modo di procedere però lascia in capo al vescovo stesso ogni responsabilità. La soluzione più opportuna ritengo sia quella di dare da parte del vescovo una procura generale preferibilmente all´economo. L´attribuzione di una procura generale rende molto meno vulnerabile la figura del vescovo, nel caso dovesse insorgere qualunque tipo di problema. Mi sembra di poter consigliare di non far firmare mai al vescovo atti che abbiano un rilievo civile. E´ bene a mio avviso che il vescovo firmi solo gli atti canonici di sua competenza, ma non ad es. la dichiarazione dei redditi della diocesi, la richiesta di una concessione edilizia, un appalto (sappiamo che la legge 494 sugli appalti attribuisce specifiche responsabilità al committente), ecc. Non si può dimenticare poi che generalmente l´ente diocesi ha del personale dipendente, con tutte le responsabilità che questo comporta, comprese le indicazioni della legge 626 sulla sicurezza nel posto di lavoro. Anche in questo senso un mandato di procura generale tutela maggiormente la persona del vescovo, specie se contiene uno specifico incarico per gli adempimenti previsti dalla legge, cosa che può evitare eventuali denunce penali nei confronti del vescovo stesso. Così il vescovo non firmerà le dichiarazioni dei compensi a terzi, né le dichiarazioni agli enti previdenziali circa le assunzioni e i licenziamenti. In tutte queste cose la figura dell´economo può essere particolarmente preziosa, se fornita dei poteri necessari.


9. In conclusione si può dire che chi ha il compito di amministrare una diocesi deve essenzialmente preoccuparsi di tutelare al massimo la figura del vescovo e l´immagine di chiesa di fronte alla opinione pubblica. L´economo ha inoltre il compito di usare i beni secondo le finalità dell’ente ecclesiastico e considerare suo dovere primario il rispetto della correttezza e della legalità –e quindi anche delle singole leggi dello stato- perché la diocesi possa essere un modello per i parroci nel modo di gestire le parrocchie e possa essere anche un modello per i fedeli, che vanno educati a considerare il rispetto della legge e il pagamento delle tasse come un elemento qualificante del loro essere cristiani nel mondo.


Segue nel testo allegato

Mons. Luigi Testore