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"La Montagna, un bene per tutti anche per i turisti: la missione della Chiesa" (Atti del Convegno Nazionale, Folgarida, 20-22 giugno 2002)

Ufficio Nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport

Presentazione


Le “dedicazioni” annuali dell’ONU toccano le diverse e complesse problematiche che affliggono le società moderne o ambiti vitali della convivenza tra i popoli che richiedono di essere all’evidenza dell’opinione pubblica, dei governi, delle singole comunità o dei soggetti individuali.
Così l’ “Anno Internazionale delle Montagne” (2002) risponde ad un’urgenza – da non sottovalutare – che riguarda necessariamente i territori interessati e le comunità ivi residenti nella loro multiforme complessità di vita. Non secondaria si rivela la stessa forma di religiosità propria della “gens montana”, sorretta dalla straordinaria ricchezza di tradizioni e di opere artistiche e letterarie, edificata nei secoli e gelosamente custodita dalla Chiesa.


La montagna e la “gens montana”
Caratterizzata da un antropismo originale, la montagna plasma e modella un’umanità singolare che si fa del tutto omogenea con la montagna stessa. Si tratta di un antropos austero, forgiato secondo i climi, gli orizzonti e gli stili di vita tipicamente montani. L’abitatore della montagna è lottatore indomito; difende la sua dimora e il suo territorio con ogni mezzo; è geloso della sua proprietà e della sua interiorità. La “gens montana” richiede ogni rispetto e onore.


La montagna territorio esclusivo
Occorre conoscere la montagna come territorio originale e come realtà geofisica con proprie ed esclusive caratterizzazioni non reperibili altrove. La salvaguardia del creato riguarda tutta la natura e il cosmo, ma per la montagna si richiede una cura particolare per la precarietà della conformazione ambientale, per l’investimento ingente di risorse atte alla conservazione e alla tutela, per una speciale “vocazione” che essa custodisce.


La montagna per vivere: lavoro e turismo
La fatica di vivere in montagna è nota. Le economie tradizionali montane – pure trasformate dai processi di cambiamento – non producono beni sufficienti per le esigenze proprie della vita moderna. L’insorgere di una cultura salutista, insieme ad altre componenti ludico-sportive, ha promosso i territori montani come luoghi di turismo, di escursioni, di vacanze. In realtà la succedanea domanda abitativa ha spesso stravolto il volto della montagna, compromettendone la bellezza, l’equilibrio ecologico, il paesaggio. E’ necessario vigilare su questi fenomeni e disegnare un equilibrato programma di sviluppo.


La montagna “spirituale”
Oltre ogni eventuale retorica, la montagna di fatto offre una vera opportunità di ascendere nell’elevazione spirituale e mistica. Antico quanto l’uomo, questo tema si presta a molteplici implicazioni che sviluppano le potenzialità umane in ordine al silenzio, alla pace, al raccoglimento, all’incontro con Dio. La montagna da sentinella del tempo diventa luogo della rivelazione del senso primo e ultimo dell’uomo. Come è noto, la Bibbia è straordinariamente ricca di montagne, di monti e di colli, e non tanto per il gusto di una menzione topografica quanto invece per avviare ad una sublime pedagogia dello spirito.


La montagna e la pastorale del turismo
Nella circostanza del nostro Convegno Nazionale, organizzato felicemente con l’Arcidiocesi di Trento e del quale qui offriamo gli Atti, la montagna è considerata come luogo abitato da una comunità turistica e dunque come ambito dove si attua una presenza di Chiesa del tutto singolare. “Abitare vicino a Dio”, “Salire sul monte del Signore”, “Stare nel suo tempio cinto sui colli”, sono espressioni familiari dei salmi e della letteratura profetica che inducono a pensieri di consolazione spirituale, di pace interiore, di intensità contemplativa, ma anche di feconda prospettiva pastorale.
Ci siamo chiesti infatti – nei giorni del Convegno – come la Chiesa “traduce” questa particolare condizione in azione pastorale, in opportunità di evangelizzazione. La risposta più attinente e plausibile si è rivelata essere quella del tutto evidente: che il binomio “Montagna e Pastorale” va coniugato con competenza. Non può essere considerato un’accidentalità ma un’esigente tipologia della pastorale.
Si presenta di fatto come un impegno ecclesiale che richiede conoscenza della cultura montana, dello stile montano, della religiosità montana e, oggi, una intelligente capacità di adattamento per i “turisti”, senza stravolgere la qualità della fede e delle tradizioni locali.



Mons. Carlo Mazza
Direttore Ufficio Nazionale CEI per la
Pastorale del tempo libero, turismo e sport

Mons. Carlo Mazza