» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Rapporto Svimez: persiste l'emigrazione dal Sud al Nord Italia
Mezzogiorno ancora in recessione
Fondazione Migrantes

ROMA (Migranti–press) – Negli ultimi 11 anni dalle Regioni del Sud Italia sono partite 700.000 persone. Un dato che fotografa un Meridione in recessione, colpito dalla crisi nel settore industriale (dove il Pil ha registrato un –3,8%), che da sette anni consecutivi cresce meno del Centro–Nord, cosa mai accaduta dal dopoguerra ad oggi. Nel 2030 il Mezzogiorno avrà una popolazione ridotta e invecchiata. Al Sud il flusso di immigrati non basterà a compensare il calo della popolazione attiva locale: qui tra il 2008 e il 2030 infatti la forza lavoro perderà circa 2,2 milioni di persone.
Sono solo alcuni dati del Rapporto Svimez (Agenzia per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) sull’economia del Mezzogiorno presentato nei giorni scorsi a Roma. Secondo i dati del Rapporto la popolazione italiana continua a crescere grazie agli stranieri presenti nel nostro Paese.
Nel 2002 erano 1,2 milioni; all’inizio del 2008 sono diventati 3,4 milioni. Quasi il 90% dei residenti, pari a circa 3 milioni, si concentra nelle regioni del Centro–Nord, mentre al Sud sono poco meno di 430.000 unità e mediamente più vecchi di un paio d’anni (33 contro 31). Secondo stime Istat gli stranieri in Italia nel 2030 saranno 8 milioni e cresceranno nel Centro–Nord del 145%, al Sud del 75%. Sempre secondo i dati del Rapporto Svimez gli stranieri nuovi occupati nel 2008 sono stati 249.000, 223.000 al Centro–Nord e 26.000 nel Mezzogiorno.
“Caso unico in Europa”, afferma il Rapporto, l’Italia continua a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro–Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che “espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni”.
I posti di lavoro del Mezzogiorno sono in numero assai inferiore a quello degli occupati. Ed è la carenza di domanda di figure professionali di livello medio–alto a costituire la principale spinta all’emigrazione. Secondo lo Svimez, come abbiamo detto sopra, tra il 1997 e il 2008 circa 700.000 persone hanno abbandonato il Mezzogiorno.
Nel 2008 il Mezzogiorno ha perso oltre 122.000 residenti a favore delle regioni del Centro–Nord a fronte di un rientro di circa 60.000 persone. Riguardo alla provenienza, oltre l’87% delle partenze ha origine in tre regioni: Campania, Puglia, Sicilia. L’emorragia più forte in Campania (–25.000), a seguire Puglia e Sicilia rispettivamente con 12,2 mila e 11,6 mila unità in meno.
Nel 2008 sono stati 173.000 gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro al Centro–Nord o all’estero, 23.000 in più del 2007 (+15,3%). Sono i “pendolari di lungo raggio, cittadini a termine che rientrano a casa nel week–end o un paio di volte al mese”, spiega lo Svimez: giovani e con un livello di studio medio–alto: l’80% ha meno di 45 anni e quasi il 50% svolge professioni di livello elevato. Il 24% è laureato. Non lasciano la residenza generalmente perché non lo giustificherebbe né il costo della vita nelle aree urbane né un contratto di lavoro a tempo. Spesso sono “maschi, singles, dipendenti full time in una fase transitoria della loro vita, come l’ingresso o l’assestamento nel mercato del lavoro”.
Le regioni che attraggono maggiormente i pendolari sono Lombardia, Emilia–Romagna e Lazio. Da segnalare però la crescita dei pendolari meridionali verso altre province del Mezzogiorno, pur lontane dal luogo d’origine: 60.000 nel 2008 (erano 24.000 nel 2007). Preoccupa in particolare la condizione dei neolaureati: “Nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; tre anni più tardi la percentuale è balzata a quasi il 38%”.
Soprattutto i laureati meridionali che si spostano dopo la laurea al Centro–Nord vanno incontro a contratti meno stabili rispetto a chi rimane, ma a uno stipendio più alto. Il 50% dei giovani “immobili al Sud” non arriva a 1.000 euro al mese, mentre il 63% di chi è partito dopo la laurea guadagna tra 1.000 e 1.500 euro e oltre il 16% più di 1.500 euro. (R.I.)