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 Sussidio Avvento-Natale 2011 - Sezione introduttiva - La Liturgia educa dando alla Chiesa la forma del Cristo... 
La Liturgia educa dando alla Chiesa la forma del Cristo...   versione testuale
Nei cinque percorsi fondamentali possiamo individuare in maniera più puntuale le risorse educative-formative della liturgia.
 
 
Ambito del lavoro e della festa: riformare e rigenerare un popolo di adulti
 
NB: Questo ambito è di particolare interesse per la pastorale del lavoro, in tutti i suoi settori e versanti, e del tempo libero.
La liturgia educa attraverso l’interruzione. Andare a Messa, celebrare la Liturgia delle Ore, celebrare le esequie… ogni azione liturgica comporta un fermarsi. L’osservazione non è banale: significa che il lavoro non è tutto, non esprime il tutto dell’uomo. Una gran parte della liturgia consiste in una in-attività: stare fermi, ascoltare, osservare senza muoversi. Ciò ridimensione il mito in gran parte moderno dell’attivismo, del movimento, della fretta. Gran parte del potenziale rigenerativo dell’interruzione liturgica resta da esplorare.
La liturgia educa attraverso il canto. In un mondo dove la musica è sempre più oggetto di commercio, ridotta a suoneria, sottofondo, colonna sonora, moda passeggera, la liturgia è rimasto un ambito possibile di fruizione e pratica musicale libera, aperta, al di là delle barriere professionali e generazionali. Gran parte del potenziale rigenerativo e formativo della musica liturgica e sacra resta un tesoro da ritrovare; e anche la professionalità musicale più vera ha uno spazio suo proprio nella prassi liturgica.
La liturgia educa attraverso la bellezza. Nella liturgia si punta alla bellezza: ad un’azione gratuita, non finalizzata alla pura utilità. Nella celebrazione, pertanto, viene messa in discussione la pretesa del mondo globalizzato di poter digitalizzare e controllare ogni cosa, l’assunto che ciò che è importante sia misurabile: a partire dall’azione simbolica della liturgia possiamo dire che l’importante è il non-misurabile, il non controllabile, il non completamente esprimibile.
La liturgia richiede professionisti e lavoratori competenti e appassionati. La costruzione della chiesa, la dotazione di quanto è necessario per la celebrazione, la sua manutenzione e il suo restauro, la preparazione deglia arredi liturgici... tutto questo richiede un lavoro. Dal lavoro professionale dell’architetto, al lavoro gratuito dei volontari delle pulizie. Per non parlare della presenza di chi rende lode a Dio cantando, suonando, ed educando tutta l’assemblea all’ascolto e alla lode.
 
 
Ambito della cittadinanza: restituire bontà al mondo
 
Un impatto considerevole della vita liturgica nelle nostre città è la presenza delle chiese: esse hanno modellato nei secoli l’urbanistica, creato splendide piazze, che in quanto luoghi sacri sono diventati luoghi civici, aggreganti, iniezione di bellezza gratuitamente disponibile ancor oggi. Possiamo chiederci quale impatto ai nostri giorni possono avere le chiese nella vita delle città (si pensi alla tradizione delle luminarie natalizie, che è stata assunta consumisticamente, ma che rimane segno positivo di festa e di incontro).
L’assemblea cristiana, pur con i suoi limiti, è rimasta uno spazio di incontro tra le generazioni: nelle nostre parrocchie, spesso soprattutto in quelle più periferiche, si trovano insieme a pregare giovani, anziani, fanciulli, adulti… certamente si tratta di rappresentanze incomplete, ma il fatto in sé è estremamente significativo: gli altri spazi di incontro della nostra società tendono ad una rigida separazione. Cosa potrà generare di positivo l’incontro tra le generazioni? Come aiutarlo a sviluppare il suo potenziale?
Il linguaggio simbolico è rimasto il linguaggio fondamentale della liturgia, espresso in una nobile semplicità; ciò implica la rinuncia ad un simbolismo aggressivo ed estraniante, come nei riti dell’antico paganesimo, o come nei rituali e nei simbolismi moderni del linguaggio pubblicitario e dello spettacolo: la liturgia non mira a travolgere la libertà in un’esaltazione sentimentale (anche se talvolta, in alcuni ambiti, si è tentati di farlo), ma a promuoverla nell’armonia tra sentimento, spirito, intelligenza. Le nostre assemblee possono diventare dunque segni luminosi di formazione all’autentica intelligenza simbolica.
 

Ambito della tradizione: prendersi cura dei piccoli - restituire il tesoro ricevuto
 
La liturgia ha un valore educativo per i piccoli, se sono accompagnati e immersi in essa con la presenza di figure adulte significative. Il bimbo respira la liturgia stando in braccio alla madre, e con questo si apre ai valori più grandi; crescendo è condotto in chiesa stringendo la mano del padre, e piano piano si apre alla comunità dei coetanei e degli adulti. L’adulto che accompagna il piccolo è a sua volta rieducato allo stupore e alla profondità della vita e della fede. Mentre si educano i piccoli, si riformano e si rieducano anche gli adulti… Ovviamente è possibile che in questo processo si verifichino gravi inceppamenti: non sempre il padre o la madre sono pienamente consapevoli del loro ruolo, non sempre gli adulti della comunità hanno piena coscienza del loro potenziale educativo, troppo spesso la cura dei piccoli si risolve in una infantilizzazione della liturgia, invece che in un’autentica accoglienza… ma ciò richiama alla partecipazione di tutta la comunità: per accompagnare i genitori, per ridefinire se stessa come comunità educante, per ritrovare le radici profonde della fede.
La liturgia ha un grande valore educativo anche per i giovani, che progressivamente divengono sempre più capaci di ascolto autentico della Parola. Mentre il mondo li bombarda di un frastuono di messaggi condizionanti e inautentici, la liturgia offre uno spazio di silenzio e di ascolto, in cui spesso però l’unica reazione che emerge è il disagio. Per cui, invece di affrontare la sfida educativa dell’ascolto, si cede alla tentazione del giovanilismo ingenuo: per quanti sforzi si facciano per renderla coinvolgente ed entusiasmante, la liturgia non sarà mai così tecnicamente perfetta come il mondo tecnologico ci ha abituato. L’educatore autentico, in dialogo con i giovani, accoglie la sfida dell’ascolto, e risveglia in sé e nei giovani la sensibilità perduta. Ovviamente l’educazione all’ascolto non si limita allo spazio liturgico, che però ne è il punto di emergenza, e il banco di verifica e di prova.
La liturgia educa all’accoglienza del fratello e della sorella di fede, dei membri della comunità cristiana. Chi partecipa all’Eucaristia con me, mi è fratello, sorella in Cristo; anche se antipatico, ostile, anche se su posizioni differenti; per i piccoli e i giovani aprirsi all’altro può risultare difficile, ed è sempre più forte la tendenza a rinchiudersi in un gruppo ristretto di conoscenze, o nella convivenza forzata degli spazi aggregativi organizzati. L’esperienza delle celebrazioni li apre ad un mondo più vasto di conoscenze, apparentemente occasionali, chiamate a diventare familiari. Nel dialogo educativo il giudizio sommario e superficiale può trasformarsi in conoscenza autentica ed accettazione delle persone.
 

Ambito dell’affettività
 
Il Padre rieduca alla carità attraverso il Figlio, sapienza che comunica. Nella liturgia avviene una comunicazione certamente difficile, soprattutto per l’uomo moderno, abituato alle suadenti seduzioni del linguaggio audiovisivo e pubblicitario. Si tratta, tuttavia, di una comunicazione vera: che eleva la persona, la costringe ad esprimere tutte le sue facoltà; mentre spesso il linguaggio mediatico abbassa l’uomo al livello dei suoi istinti.
Il Padre rieduca alla carità attraverso il Figlio, amore che si dona. Gesù è il modello di una affettività autentica, e ci comunica la sua stessa capacità di amare nella liturgia eucaristica: “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”. Nel cuore della celebrazione si rigenera la coscienza e l’affettività della persona.
Il Padre rieduca alla carità nella comunità dei perdonati e riconciliati. Una delle dimensioni fondamentali della liturgia è il perdono e l’inserimento nella comunità cristiana, accogliendo i fratelli, che non sempre corrispondono alle nostre attese, ma sono amati e desiderati da Dio stesso.
 
 
Ambito della fragilità
 
La liturgia romana tende alla “nobile semplicità”: tra le altre conseguenze di questo principio, c’è un certo tipo di accessibilità: tutti possono partecipare ai riti, piccoli e grandi, persone istruite e persone meno istruite, sani e malati. Tutti si fanno ugualmente umili e piccoli, in adorazione della sublimità del mistero di Dio, che resta sempre al di là della nostra comprensione, e che tuttavia a tutti si fa incontro. Tutti possono partecipare, secondo i loro mezzi: non è richiesta una particolare abilità né nel canto, né nella danza, né la profusione di mezzi tecnologici; la liturgia non è uno spettacolo complesso che esige una mostruosa macchina organizzativa, o strumenti particolari. A chi presiede non è richiesta un’abilità particolare: basta che si metta umilmente al servizio del mistero di Dio. Con pochi accorgimenti è possibile che anche i malati e chi ha qualche impedimento possa accedere alle celebrazioni della comunità, o alle celebrazioni approntate per loro.
Una delle difficoltà che si riscontra più spesso e che viene rilevata soprattutto dai catechisti dei fanciulli e dei giovani è una certa “immobilità”, che viene percepita nell’azione liturgica. Anche quando non è dovuta a una cattiva preparazione dei riti, effettivamente esistono lunghe sezioni della celebrazione eucaristica che richiedono di stare fermi, in ascolto, senza dire né fare nessun gesto. Ma l’immobilità è anche la condizione di molti ammalati e anziani: che pure si lasciano toccare dalla grazia; e ricordano a tutti che la dignità della persona non dipende dalla sua efficienza.
La presenza dei malati quindi permette di rivalutare ciò che erroneamente viene recepito come “immobilità” e “staticità” nell’azione liturgica: si tratta di un lasciarsi trasformare dall’azione dello Spirito, di restare saldi nella fede e nella testimonianza. Nel tempo di Avvento, e nelle feste del Natale, le comunità cristiane sono chiamate a interrogarsi sulla loro vicinanza a chi soffre nel corpo, e sul modo di rendere loro accessibili le celebrazioni e il contatto con la comunità. In alcuni casi sarà possibile assicurare la loro presenza; in altri casi può essere opportuno portare nelle case o nei luoghi di assistenza la celebrazione eucaristica, con l’attiva collaborazione di chi si occupa del gruppo Caritas, ma anche di altre persone della comunità.