“Vogliamo farlo con l’umiltà del volontario e quella del cronista – spiegano – poiché entrambi hanno imparato che gli toccherà accostarsi a cose più grandi di loro, inaspettate. In questa avventura ci dà forza e ci conforta il carisma della Fondazione Migrantes dentro la quale, una parola dopo l’altra, il progetto è maturato”.
La “terra promessa” del XXI secolo, la terra finita sotto i riflettori del mondo, la terra che tutti hanno imparato a conoscere come l’isola degli sbarchi, dell’immigrazione “siamo sicuri che nasconda molto più di quanto l’immaginazione, filtrata e condizionata dagli effetti delle immagini televisive, non possa contemplare”, ci spiega una delle volontarie.
“La nostra missione – aggiungono – è, o meglio sarà, proprio questa: provare a raccontare tutte le sfaccettature di Lampedusa, in primis attraverso i volti dei lampedusani, coloro che più di tutti, più di qualsiasi ‘ospite eccellente’, o giornalista di passaggio, conoscono la vita veramente vissuta nell’isola, ma negli ultimi mesi stravolta e messa sotto sopra”.
La Fondazione Migrantes ha voluto sostenere questa iniziativa, questo viaggio – spiega il direttore, mons. Giancarlo Perego – perché “solo nella compagnia di un tratto di strada, tra delusioni e speranze, come ad Emmaus, è possibile ritrovare le ragioni per un lavoro pastorale e sociale concreto e per una comunicazione vera di un dramma spesso tradito dai mezzi di comunicazione sociale”.