Sussidio Avvento 2013 - Per i giovani - 25 dicembre - Natale del Signore 
25 dicembre - Natale del Signore   versione testuale
Intervista
 
Sono Fabio, ho 25 anni e abito in un piccolo paesino della provincia di Alessandria. Appena terminato il liceo mi sono immatricolato alla facoltà di Farmacia dove ho studiato per ben quattro anni. Nell’estate che divideva il termine del mio quarto anno e l’inizio del quinto, ho preso parte come volontario di Casa Italia alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. A fine evento, ho conosciuto meglio un’altra volontaria. Era una pedagogista e lungo il viaggio di ritorno abbiamo parlato a lungo delle nostre vite. Arrivato a Roma ero letteralmente innamorato di quella professione, che mai come in quel momento ho sentito mia. Ho deciso di cambiare facoltà e ora sono felicemente iscritto al secondo anno del corso di laurea in scienze pedagogiche e dell’educazione presso l’Università degli Studi di Genova.
 
Cosa significa vivere la fede all’interno del mondo accademico?
Non è affatto semplice. Le fede non puoi darla per scontato come avviene in parrocchia o tra gli amici. Io appartengo a una piccola parrocchia della Diocesi di Alessandria, nella quale i giovani come me ricevono una formazione legata soprattutto al tempo dell’iniziazione cristiana. Ho partecipato al “post cresima” e ho fatto forti esperienze di volontariato nell’ambito dell’assistenza agli anziani, disabili e nell’ambito sanitario. Nell’ambiente accademico c’è uno scollamento rispetto a questa realtà: è difficile e da alcuni ritenuto politicamente scorretto, parlare di fede cristiana. Io credo che parte del problema nasca dal fatto che molti miei coetanei hanno ricevuto nell’infanzia una formazione ecclesiale di base, rimasta tale, e che per questo considerano l’esperienza religiosa e i valori che ne derivano, come alternativa alla felicità. Io sono credente e praticante, e quindi valuto la grazia di questa mia fede come una possibilità in più per vivere il confronto con gli altri senza fondamentalismi e senza neppure cedere a facili compromessi. Mi piace molto l’affermazione di Gesù che invita a dire “Sì” quando è sì, e “No” quando è no, ma sempre con lo stile di chi, nella fermezza, non vuole imporre nulla ma solo proporre uno stile di vita ispirato allo stile di Gesù. Ho notato che chi non condivide il mio credo religioso fatica ad aprirsi a questo dialogo, si può parlare di tutto: moda, politica, problemi del mondo, ma non di religione; viene percepito come un discorso fastidioso, e qualora se ne parli, c’è un atteggiamento critico a priori.
 
Cos’è per te il Natale?
Grazie alla testimonianza dei miei genitori non ho fatto molta fatica ad acquisire il senso del Natale come festa dell’incontro di Dio con l’uomo e di conseguenza anche il tempo dell’Avvento, nella mia famiglia, è sempre stato un tempo di attesa proprio nel senso cristiano di preparazione al “Mistero del Natale”. Anche l’attesa dei regali mi è sempre stata presentata come il segno di una festa grandiosa e per questo posso dire che gradualmente il Natale non è stato più per me una questione religiosa ma, come spesso sentivo dire da un mio insegnante “ciò che nella religione è in questione”. Il tema della dignità dell’uomo, della sua libertà, l’accoglienza dell’altro, l’universalità della rivelazione sono diventate tematiche più chiare grazie proprio all’incarnazione del figlio di Dio, Gesù, che nella semplicità del Natale rivela questo mistero.