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Le nuove sfide del pellegrinaggio postgiubilare. Una pastorale pellegrinante per una Chiesa missionaria (Atti del Convegno Nazionale, novembre 2002)

Ufficio Nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport

Presentazione


MONS. CARLO MAZZA, Direttore Ufficio Nazionale CEI


Nell’intenzione di fare un servizio ai numerosi animatori e promotori di pellegrinaggio, presentiamo gli Atti del Convegno, promosso dall’Ufficio Nazionale sul tema: “Le nuove sfide del pellegrinaggi postgiubilare. Una pastorale pellegrinante per una Chiesa missionaria”, collocato a due anni dalla fine delle celebrazioni del Grande Giubileo dell’Anno 2000. Il tempo passa e sembra travolgere le tracce di un evento che ha segnato il passaggio al terzo millennio del cristianesimo. La memoria dell’evento è tuttavia radicata nella comunità cristiana tanto da sostenerla nel cammino di una fedeltà operosa rispetto alle esperienze giubilari consegnate alla coscienza della Chiesa e dei singoli cristiani.
Con la Lett. Ap. “Novo millennio ineunte”, pubblicata alla chiusura del Giubileo, il Santo Padre ha inteso delineare i cammini spirituali e le prospettive pastorali del nuovo millennio, invitando ogni Chiesa particolare a compiere “una verifica del suo fervore”, a “recuperare nuovo slancio per il suo impegno spirituale e pastorale” (NMI, 3), a “prendere il largo” (Lc 5,6) dopo che il Giubileo “ha sgranchito le nostre gambe” (ivi 53).
Sono indicazioni programmatiche tese a sollecitare la coscienza ecclesiale nel segno dell’urgenza di una profonda riforma fondata sulla santità, sulla spiritualità e sulla missione. Di qui a me pare che si possano trarre alcune priorità pastorali valide anche per il pellegrinaggio. Anzitutto l’impegno della santità di vita per tutti i cristiani che si evidenzia nella coltivazione della preghiera, in un’attitudine di ascolto costante della Parola. Scrive infatti il Santo Padre che “il primato della santità e della preghiera non è concepibile che a partire da un rinnovato ascolto della Parola da Dio” (NMI, 39). Essenziale diventa dunque il “nutrimento” della Parola di Dio “per essere servi della Parola nell’impegno dell’evangelizzazione” (n. 40).
Profondamente in sintonia con le autorevoli indicazioni del Papa, avvertiamo che il primo ed essenziale contributo al rilancio dell’evangelizzazione nel nostro tempo passa attraverso la personale conversione. E’ un impegno che raccogliamo con intenso spirito di comunione e con determinazione di propositi. Anche il documento dei Vescovi italiani “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” propone, attraverso illuminanti “Orientamenti pastorali”, orizzonti nuovi tesi ad interpellare radicalmente l’azione pastorale nella stessa linea tracciata, con coraggiosa lungimiranza e con singolare ispirazione profetica, dal Santo Padre.


Il pellegrinaggio nel tempo della secolarizzazione
Nel quadro di riferimento magisteriale accennato, il rilancio ecclesiale del pellegrinaggio conduce alla persuasione che la pastorale dei pellegrinaggi deve innestarsi a pieno titolo nelle attese della Chiesa, conformandosi, con caratteristiche e modalità proprie, ad una vera “pastorale di evangelizzazione”. E questa nel duplice senso: sia del “primo annuncio” da proclamare – e il primo annuncio non può essere che Gesù Cristo! – sia del suo ulteriore e coerente sviluppo da esplicitare in termini intellegibili e pratici, contestualizzati nell’ambiente socio-culturale delle nostre Chiese.
Del resto appare sempre più evidente che il pellegrinaggio non può non sintonizzarsi nel segno di una profonda ed esigente coerenza tra scelta “missionaria” e prassi di evangelizzazione. Ciò consente un’autentica libertà di movimento, secondo la visione di una “pastorale estroversa”, ma altresì domanda una visibile unità di intenti negli interventi e nei soggetti pastorali, soprattutto a livello diocesano e parrocchiale.
Di fatto in condizioni di invadente “neopaganesimo” la comunità cristiana ha bisogno di rendersi conto del suo compito missionario e di assumere un ruolo di protagonista nell’evangelizzazione dei “suoi” membri e di quanti vi si accostano.
Al fine dunque di risvegliare le coscienze e di educarle ad una fede matura, il pellegrinaggio offre il suo contributo specifico e qualificante, riconosciuto da tutti gli osservatori e gli operatori pastorali. Se mai si avverte la necessità di cautelarsi contro i rischi di una pastorale del pellegrinaggio appiattita su formule non più adatte alle odierne attese della Chiesa. I rischi stanno sempre in agguato e vanno individuati soprattutto su due fronti pratici: quello di ridurre il pellegrinaggio ad una mera consumazione liturgica e devozionale, e quello di attuarlo nel solco di una pietà cristallizzata, come se nulla fosse accaduto nella comunità cristiana e nella società, devastate da forme di silenziosa secolarizzazione.


I profili salienti della pastorale del pellegrinaggio
Il Convegno ha ribadito che il pellegrinaggio non vive per se stesso. La sua sostanziale finalizzazione ad un’esistenza cristiana consapevole, domanda che sia correttamente collocato nella parrocchia, nel ritmo vitale della ferialità del vissuto cristiano. Il pellegrinaggio, coinnestato nel quotidiano, rafforza, illumina e “riscalda” la vita cristiana, secondo tre linee di forte caratura teologico-pastorale.


1. Parola, Sacramenti, Carità. Questa linea, classica nella tradizione pastorale della Chiesa, si compendia nella forte riproposta dei “fondamentali” della fede cristiana: l’annuncio della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, e la testimonianza della carità. Di fatto è la Parola che apre alla fede, ai sacramenti come atti di fede, e alla vita donata nell’amore. In particolare nel pellegrinaggio si riscopre la centralità della celebrazione dell’Eucaristia e del sacramento della Riconciliazione, come elementi cardine della rivitalizzazione della vita interiore e del tessuto connettivo della comunità.
Durante la complessa esperienza del pellegrinaggio occorre saper leggere, ascoltare e interiorizzare la Parola proclamata nell’Eucaristia e nel Sacramento, in modo da penetrarne il senso spirituale, renderlo disponibile a “tutto l’uomo, nella sua complessità di corpo, anima e spirito” (cfr. la relazione di p. I. Gargano) per condurlo alla comunione con Dio nella vita quotidiana della Chiesa (cfr. la relazione di Mons. S. Lanza). Il pellegrinaggio diventa così il banco di prova di un’efficace pastorale che mira a produrre la sintesi tra annuncio, vita sacramentale e vita di fede nella carità operosa.


2. Dio e santità nei “luoghi della rivelazione”. In tale visione pastorale il richiamo alle “mete santuariali” del pellegrinaggio acquista notevole rilievo. Di fatto sono i “luoghi santi” ad essere abilitati dalla fede a divenire fonte di una singolare “corrente” dove lo Spirito di Dio si innesta sulla disponibilità umana volta alla conversione. Dio si rivela perché l’uomo sia “santo” e coabiti nel suo amore. Nel disegno sublime della pedagogia di Dio, il “luogo santo” svolge una propria funzione propedeutica al mistero, veicolando i segni efficaci della misericordia del Signore Crocifisso e risorto.
Allora sarà opportuno, nella prassi pastorale del pellegrinaggio ma altresì del Santuario, differenziare i cammini spirituali in modo da promuovere le diverse propensioni nascoste nel cuore umano e renderle aperte e obbedienti all’ascolto e alla sequela. In particolare vanno accompagnati alla vita santa i “cristiani praticanti”, accuratamente sollecitati e istruiti i cosiddetti “cristiani della soglia”, pazientemente illuminati qui battezzati “neopagani”, ciascuno secondo il proprio “stato di coscienza”.
Sicchè straordinaria e delicatissima responsabilità cade sia sui Rettori di Santuario che sui Promotori di pellegrinaggio, in quanto accompagnatori di itinerari spirituali dove lo specifico compito consiste nel procurare le condizioni per la conversione del cuore in cui l’“accogliere Cristo”, come unico salvatore del mondo, si configura nel costituirsi atto di coscienza supremo e discriminante.
Di conseguenza la pastorale del pellegrinaggio, lungi dall’essere aleatoria e marginale, si presenta come primaria occasione di forte evangelizzazione in quanto privilegia le condizioni della proposta dell’essere cristiani nella “sequela Christi”, “forma” concreta di appartenenza a Cristo nel segno della quotidianità.


3. Testimonianza della carità. E’ sempre opportuno sottolineare che il pellegrinaggio è la via della carità: la via maestra dove si apprende e si applica l’arte evangelica del Samaritano, simbolo compendioso del Vangelo. La centralità della “carità di Cristo” infatti trova modalità concrete di essere vissuta sul percorso del pellegrinaggio, la sosta presso il Luogo Santo, la vita cristiana e la comunità parrocchiale. Di qui nasce e scorre un filo energetico che unisce e vivifica la persona nel suo “essere cristiano” a tempo pieno e nella sua realtà storica.
In questo orizzonte dinamico è possibile evidenziare una triplice linea pastorale adatta al pellegrinaggio: quella di stabilirsi sul significato originario di “martyria” che consente la conformazione a Gesù Crocifisso nelle molteplici condizioni pratiche della vita personale ma anche della prassi pastorale; quella di esaudire il significato sublime dell’ “agape” di Dio per l’uomo e dell’uomo per Dio attraverso un’attenzione costante ai “bisogni” dei fratelli; quella di esplicare il significato intensivo della “diaconia” come attitudine di servizio nella forma dei “ministeri” ecclesiali e dei “carismi” personali.
Non si fa vero pellegrinaggio se non si modifica il rapporto con Dio e con i fratelli, soprattutto con quelli segnati dalle disavventure e dalle sventure umane, se non ci si pone umilmente a servizio della comunità per edificare il Regno di Dio.


Un rinnovato slancio missionario
Il Convegno ha sottolineato con forza il carattere missionario del pellegrinaggio, sia come istanza primaria della fede, sia come metodo di approccio culturale e sia come pedagogia di evangelizzazione. Del resto il pellegrinaggio non può che annunciare la “via” di Cristo, esplicitata nelle forme del camminare, del visitare, del condividere, del pregare; così non può che confermare la perenne validità del vangelo, la sua forza propulsiva per la storia dell’umanità, ritornando e attingendo alle origini storico-salvifiche dell’evento cristiano (cfr. relazione di p. F. Manns e di p. G. Battistelli).
In tal senso si è allargato lo sguardo verso l’Europa e verso la Terra Santa (cfr. le relazioni di S.E. Mons. A. Nicora, di F. Cardini). Le prospettive di ordine culturale, storico e politico hanno evidenziato orizzonti pregnanti, segnati da eventi angosciosi, ma ugualmente ineludibili per un cristiano che, affacciandosi al terzo millennio, mira a vivere la propria fede nel mondo in solidale coinvolgimento con le vicende degli uomini e delle nazioni.
Su questi percorsi antichi e moderni si è ulteriormente chiarito che le sfide della missione interpellano il pellegrinaggio e lo caricano di attese. Sotto questo profilo le proposte emerse per un impegno ecclesiale (cfr. la relazione di Mons. F. Degrandi, di G. Sesana e di M. Caponetti) hanno confermato compiti e nuove responsabilità pastorali, capaci di alimentare la vita comunitaria e di servire il Vangelo e la Chiesa con rinnovato slancio missionario.
Attraverso la straordinaria pratica del pellegrinaggio le comunità cristiane, i sacerdoti e i laici possono esprimere con efficacia il loro essere annunciatori e testimoni, come insegna il Santo Padre che non teme di spronare la Chiesa a prendere il largo nei nuovi orizzonti del terzo millennio, nella sicura speranza della presenza sovrabbondante del Signore.

Mons. Carlo Mazza