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Mons. Baturi alla Fisc: unione e corresponsabilità

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Pubblichiamo il testo dell’intervento di Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, alla XX Assemblea nazionale ordinaria elettiva della Fisc – Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Roma, 23-25 novembre 2023). 

Cari amici e care amiche,
sono assai lieto di essere con voi in occasione di questo momento così importante per la vita della Federazione Italiana Settimanali Cattolici. In queste giornate, infatti, sarete chiamati a rinnovare il Consiglio Nazionale e tutti gli organi che permettono il funzionamento della Fisc, compresa la Presidenza. È importante notare la cifra tonda che caratterizza questa Assemblea – 20ª – segno di una storia importante che affonda le radici nel Concilio Vaticano II e si snoda nei decenni successivi fino ad oggi. Vorrei con voi entrare per un attimo nei numeri per cogliere i volti, le storie, le vicissitudini che hanno tessuto la trama del vostro agire: sono tantissimi e parlano di quell’umanità che caratterizza la Chiesa. Nel Messaggio per la 55ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2021, il Santo Padre scriveva che “Da più di duemila anni è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana”. Voglio ricordare alcuni di questi nomi perché ciascuno possa sentirsi oggi parte di questa catena di memoria e gratitudine.
Mi sia permesso perciò un ricordo e un ringraziamento ai vari presidenti che si sono succeduti nel tempo: Mons. Aldo Gobbi, Mons. Franco Peradotto, Mons. Giuseppe Cacciami, Mons. Gilberto Donnini, Mons. Duilio Corgnali, Mons. Vincenzo Rini (che ho conosciuto personalmente e che ci ha lasciato proprio durante la pandemia), Don Giorgio Zucchelli, Francesco Zanotti e Don Adriano Bianchi. Sono persone che hanno permesso lo sviluppo delle nostre testate all’interno di un orizzonte cristiano ed ecclesiale, cifra di dialogo con la società e con le istanze della contemporaneità. A tutti loro va la nostra gratitudine.

1. Vorrei riprendere un passo di un articolo scritto da Mons. Peradotto per il 40° della Federazione. Il testo è datato 17 novembre 2006 e si legge tra l’altro: “Auspico che cresca il ‘patrimonio’ della Federazione: che non è soltanto (per quanto importanti queste cose siano) il servizio che essa svolge, la presenza culturale ed ecclesiale che si è accresciuta in questo quarantennio. Il patrimonio più prezioso è l’amicizia fra i direttori e i redattori, maturata nei momenti faticosi come in quelli lieti; è la conoscenza di persone significative, quella possibilità, veramente unica, di scoprire l’Italia attraverso le fonti qualificate dei direttori di giornali con cui si condivide non solo il mestiere ma la passione della vita. Ed è, ancora, il patrimonio professionale che i giornali cattolici hanno seminato, in un secolo e mezzo e particolarmente in questi 40 anni, accogliendo migliaia di giovani, preti e laici, e facendone dei giornalisti. Dei giornalisti cattolici”.
Il senso del nostro essere qui oggi è anche definito da questo desiderio di incontro e di amicizia. A ben pensare questo è il metodo proprio della vostra professione. In quel Messaggio del 2021 il Papa osservava infatti che “per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga”. Che questi giorni siano caratterizzati dal desiderio sincero di incontrare la testimonianza degli altri, di accogliere la l’esperienza di ciascuno in una comune tensione a imparare gli uni dagli altri.

2. Ho voluto fare riferimento ai padri fondatori della Federazione per rintracciare un orizzonte nel quale siete chiamati ad agire con professionalità. Lasciamoci provocare dalla Parola del Signore: “Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Qual è il tesoro? Nel brano del Vangelo il riferimento è al dono della sapienza (cf. Sap 8,17-18; Pr 2,1-6). Se un discepolo è consapevole di questo tesoro, per dono di Dio può estrarre da esso cose nuove e cose antiche, perché nella Parola riconosce “Gesù Cristo, Sapienza di Dio” (1Cor 1,24). “In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza” (Col 2,3). Si tratta di non stancarsi di attingere a questo tesoro giorno dopo giorno.
Per la Fisc estrarre “dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” è innanzitutto un riappropriarsi quotidianamente dell’identità della Federazione. Certamente per farne memoria, per celebrarla, mai per autocompiacimento. Ri-cordare significa portare al cuore: si tratta di raccogliere un’eredità (un tesoro) da far fruttare nel tempo presente, che sappiamo essere caratterizzato da grandi trasformazioni e che, per questo, necessita della vostra presenza capillare e del vostro impegno nell’informazione.
Mons. Cacciami, sempre per il 40° della Federazione, diceva: “Si deve andare avanti con fiducia con il passo di una Chiesa che testimonia la sua bellezza, la sua passione per l’umanità”. La vostra identità è definita dalla testimonianza della bellezza della Chiesa e della sua passione per l’uomo, bellezza e passione che portano il nome di Gesù Cristo. È Cristo il centro di ogni nostra ricerca: col passare del tempo, non muta il punto di riferimento, ma a Lui ritorniamo continuamente a partire dalla nostra storia, dagli eventi che la segnano. Cristo è il centro della storia, ma questo unico deposito della fede deve essere sempre scrutato e interrogato a partire dalla realtà concreta, in quanto “le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia”, che possono guidare la Chiesa “ad una intelligenza più profonda dell’inesauribile mistero” cristiano (AL, n. 31). L’attenzione alla realtà concreta di contesti precisi e attuali, in tal modo, guida i credenti nella comprensione del Vangelo. Non si deve avere paura della realtà e neanche dei problemi e dei conflitti talora drammatici che questa pone, poiché possono rivelarsi l’inizio di un nuovo processo di ricerca, di conoscenza e di dialogo. Il Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali 2020 aveva come titolo: “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia. Anche questo è il contributo che i settimanali possono dare: testimoniare che l’osservazione attenta della storia aiuta la Chiesa tutta a una crescente intelligenza del deposito della fede (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 94). San Gregorio Magno insegnava che “le parole divine crescono insieme con chi le legge”. Voi raccontate la storia nel suo svolgersi. Il Papa ricordava una famosa massima di Sant’Agostino: “Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi i fatti”, esortando così a riscontrare nella realtà il verificarsi delle profezie presenti nelle Sacre Scritture. “Così il Vangelo riaccade oggi, ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù”. Raccontiamo questa limpida testimonianza e continuiamo a scrutare il mistero di Cristo a partire dal presente invenendo in esso gli appelli dello Spirito che interrogano la nostra libertà e ci provocano a un compito. La Chiesa ha bisogno di questa lettura sapiente della storia e di questo sguardo sempre radicato nel presente del Vangelo. L’ha detto anche oggi il Papa: “I settimanali cattolici portano questo sguardo sapiente nelle case della gente: non danno solo la notizia del momento, che si brucia facilmente, ma veicolano una visione umana e, una visione cristiana volta a formare le menti e i cuori”. È nella natura dell’uomo raccontare e trasmettere agli altri, soprattutto ai figli, la memoria della storia. Ed è proprio dell’uomo non accontentarsi del resoconto dei nudi fatti, ma tentarne una spiegazione, proporre un senso e osare un’interpretazione. L’uomo vuol darsi ragione di ciò che accade e così tramanda nel racconto sia la conoscenza dei fatti che la loro spiegazione. È il vostro compito: raccontare fatti e comunicare sguardi, dare notizie e trasmettere un orizzonte di senso che trova in Cristo la sua sorgente inesauribile.

3. La Federazione, come tutte le realtà associative, è attraversata dai cambi generazionali. Immagino che nessuno di voi, me compreso, fosse presente nel 1969 alla redazione del Documento programmatico, conosciuto come “Carta di Brescia” o “Documento di Brescia” perché frutto del convegno promosso nel 1968 a Brescia sull’opinione pubblica nella Chiesa. L’identikit della Fisc è nell’articolo 1: “I settimanali diocesani si presentano oggi in Italia come uno degli strumenti per la crescita delle comunità diocesane nella corresponsabilità e per l’effettiva presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo. Aspirano anche a divenire un ‘segno’ concreto della riscoperta responsabilità di tutti i componenti del Popolo di Dio”.
È la sintesi, in chiave profetica, di quanto è emerso nella fase narrativa del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Mutato il contesto storico, le testate Fisc possono e devono far crescere le nostre comunità nella corresponsabilità e nel dialogo con il mondo. Corresponsabilità è la comune e responsabile partecipazione alla edificazione della Chiesa come mistero di comunione e come missione, pur nella necessaria differenza di ministeri e carismi. I nostri giornali sono laboratori di corresponsabilità, perché operano quotidianamente l’ascolto e il discernimento, il racconto e la lettura di fede, a servizio di tutta la comunità. La vostra azione è aperta a servizio delle Chiese e delle comunità che abitano i nostri territori. La corresponsabilità informativa diventa specchio per l’agire ecclesiale. Ci sono “condizioni di possibilità” perché la geografia del Paese torni a parlare dell’umanità che la popola. Non per arroccamento o per difesa, ma per apertura mentale e culturale. Viviamo, allora, il Cammino sinodale non semplicemente dandone notizia ma cercando di portare in questo percorso la ricchezza delle comunità, in un ascolto accogliente che si fa parola. È la bellezza dell’informazione locale, di quella prossimità che è frutto di conoscenza intima, in forza di un’esperienza condivisa. La conoscenza ha sempre a che fare con la propria esperienza e il racconto della vita delle comunità fa perno proprio sulla condivisione della vita. La peculiarità delle vostre testate sta proprio in questa intimità di rapporti: non dare solo notizie, ma raccontare storie, divenire punti di incontro e ponti di comprensione verso tutti. I nostri giornali devono poter intercettare e accompagnare le domande e le ansie degli uomini. Lo ha ricordato Papa Francesco questa mattina: “Voi avete la vocazione di ricordare, con uno stile semplice e comprensibile, che, al di là delle notizie e degli scoop, ci sono sempre dei sentimenti, delle storie, delle persone in carne e ossa da rispettare come se fossero i propri parenti. E vediamo dalle tristissime cronache di questi giorni, dalle terribili notizie di violenza contro le donne, quanto sia urgente educare al rispetto e alla cura: formare uomini capaci di relazioni sane”.

4. Dall’identità discende il principio che è costitutivo della Fisc: l’unione. Questa, spiegava san Paolo VI il 26 novembre 1966 ricevendo in udienza la neocostituita Federazione, “non toglie ad ogni singolo foglio la sua libertà, la sua autonomia e la sua fisionomia, può riuscire utilissima: per conoscervi e confrontarvi, e cioè per stimolarvi a dare al vostro rispettivo Settimanale l’aspetto e il contenuto migliore; l’unione spinge tutti a salire; il migliore dà l’esempio; anche il più debole lascia cadere le espressioni meschine e, se pur deve rimanere ad un livello modesto sia redazionale che tipografico, conserva al suo linguaggio la dignità propria d’un organo di stampa cattolica. L’unione fa scuola. Inoltre l’unione spinge a disporre servizi comuni di migliore qualità”. Questa unione, così descritta, è espressione sincera della comunione. E in questo senso vorrei aggiungere alcune considerazioni: l’unione abbatte i personalismi o, quanto meno, li contrasta; agisce sempre per sottrazione e mai per addizione, non permette egoismi o azioni di facciata; punta sempre al bene comune, che – ricordiamo – non è la somma dei beni individuali. Questo dà respiro anche agli organi che verranno eletti: nell’unione si esercita solo e unicamente la dimensione della diaconia, che è il vero senso del potere: avere la visione del fine della Federazione e saper accompagnare tutti alla sua soddisfazione. Non è il prestigio personale o della propria testata ciò che fa crescere, ma il sapersi uniti – appunto – nella stima vicendevole e nell’ecclesialità che ci contraddistingue.
In questo senso, l’unione dilata lo spazio e il tempo e colloca la Fisc in una relazionalità mediatica rinnovata e arricchita nei decenni: come non pensare, allora, alle collaborazioni con Avvenire, con il Sir, con Tv2000 e inBlu2000. Ma anche con tutte quelle realtà associative che abitano il mondo della comunicazione e dell’informazione. Un panorama vasto e variegato in cui ciascuno, come in un grande mosaico, può essere una tessera preziosa. Al riguardo, sento di dover indicare anche un percorso nuovo da costruire insieme in quello che, in gergo, si chiama “ecosistema mediatico”: la relazione tra i nostri media che compongono il quadro informativo delle Chiese in Italia. Questi anni saranno caratterizzati sempre di più da cambiamenti ed evoluzioni: non cedere il passo della nostra presenza significa ragionare in un’ottica nuova in cui il frammento è inserito nell’insieme e in esso si riconosce il frammento. Non è appiattimento culturale, ma ricchezza informativa. Certamente c’è il discorso della sostenibilità e forse è proprio questo a tracciare un percorso nuovo. Non vuole essere un allarme, ma un invito pressante a progettare insieme il prossimo futuro. Reciprocità e relazione devono subentrare alla passività cui purtroppo portano le certezze acquisite.

5. Identità e unione; formazione, tutela e testimonianza (i tre sentieri indicati da Papa Francesco questa mattina). Tutto questo accade nel rapporto con un territorio e la comunità che vive in esso. È urgente rinnovare quel patto col territorio che dà ragione alla vostra presenza. Se un settimanale diocesano perde il rapporto con il contesto di riferimento smarrisce completamente la sua essenza. La radicalità, nel senso pieno del termine, cioè l’andare fino alle radici, sta proprio nel rapporto viscerale con le Chiese locali, con i paesi, con le persone. Senza questa bussola preziosa si perde l’orientamento. Scriviamolo un nuovo patto che metta al centro la difesa delle donne contro ogni forma di violenza, il dare voce a chi non ha voce, narrare la creatività della carità e le storie che testimoniano la sua irriducibile forza, il linguaggio come forma di incontro, la ricchezza spirituale che è sempre un guadagno, e tanto altro ancora… Un nuovo patto che non faccia a meno della transizione digitale e che, per questo, favorisca il dialogo generazionale. Certamente le testate Fisc hanno una diffusione capillare in forma cartacea e il digitale può sembrare ancora oggi una sfida. Ma proprio per questo è una grande opportunità: lo scambio tra generazioni può favorire la trasmissione attraverso canali differenti. Non abbiate paura di questo!
“Il settimanale diocesano, giornale ‘locale’, rispecchia la vita di una determinata comunità, la quale però non è isolata e chiusa in se stessa ma solidale con tutta la Chiesa e tutta l’umanità”, si legge nel “Documento di Brescia”. Percorrere le strade digitali è vivere questa dimensione relazionale in una prospettiva di contemporaneità. Per questo, vi invito a esplorare percorsi nuovi con l’identità di sempre. La vera sfida sta proprio qui: “Estrarre dal tesoro cose nuove e cose antiche”.

 

 

 

23 Novembre 2023

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