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Messaggio in occasione della morte di Papa Francesco

281024-222

«Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1)

Queste parole del Vangelo di Giovanni sembrano oggi più che mai adatte a descrivere il Pontificato di Francesco. Sono ancora negli occhi di tutti, infatti, le ultime immagini, mentre passa attraverso la folla di Piazza San Pietro nella Domenica di Risurrezione. E in realtà è proprio la contemplazione del Risorto, il Cristo Buon Pastore, a sostenere la Chiesa italiana in questo momento in cui eleva la sua preghiera di suffragio per Papa Francesco, Vescovo di Roma e Primate d’Italia.
Con parole incisive e gesti profetici, Francesco si è rivelato davvero Pastore di tutti secondo il cuore misericordioso del Padre (cf. Ger 3,15). Sin dall’inizio del suo ministero petrino, ha mostrato una particolare vicinanza al suo gregge, che ha condotto con sapienza e coraggio. In particolare, i Vescovi italiani gli sono grati per il costante dialogo e, soprattutto, per aver incarnato per primo quello straordinario programma di vita che aveva sintetizzato invitando ad essere sacerdoti con l’odore delle pecore e il sorriso dei padri (cfr. Omelia, Santa Messa del Crisma, 2 aprile 2015).
Torna alla mente il “buona sera” con cui si è presentato alla Chiesa e al mondo intero: quel saluto ha rappresentato uno spartiacque, l’inizio di un rapporto tra un padre e i suoi figli a cui ha ricordato quanto il Vangelo sia attraente, gioioso, capace di dare risposta alle tante domande della storia, anche a quelle sopite o soffocate. Da padre, ha indicato la via dell’ascolto e della prossimità, incoraggiando a uscire dalle logiche del consenso, dell’abitudine, dalla tentazione dello scoraggiamento o del potere che limita lo sguardo all’io senza aprirlo al noi. L’invito rivolto ai partecipanti al Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze ha tracciato una rotta precisa: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza» (10 novembre 2015). Questo desiderio continua a ispirare le azioni delle comunità ecclesiali.
«Abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, nessuno di noi è un’isola, […] possiamo costruire il futuro solo insieme, senza escludere nessuno», è stato uno degli insegnamenti più incisivi del Pontificato, che ha attraversato il dramma della pandemia, con il suo carico di dolore, solitudine e morte. L’incedere del Santo Padre, da solo, in silenzio, su una Piazza San Pietro vuota, in occasione del “Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia” (27 marzo 2020), resta scolpito nelle menti e nei cuori di tutti. Così come il capo chino e le lacrime davanti all’Immacolata, alla quale spesso ha affidato l’angoscia per il dramma delle guerre, chiedendo a tutti di diventare artigiani di pace, ogni giorno, nelle pieghe della quotidianità, in ogni ambito di vita.
La Chiesa in Italia lo ringrazia, in modo speciale, per il dono del Cammino sinodale e l’incessante incoraggiamento ad andare avanti insieme. E oggi, insieme, affida il suo Pastore, che ha amato davvero i suoi sino alla fine, all’abbraccio tenero e misericordioso del Padre.

 

La Presidenza
della Conferenza Episcopale Italiana

 

 

 

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