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venerdì 25 Giugno 2021

Ufficio delle letture

VENERDI' - XII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO - IV SETTIMANA DEL SALTERIO 
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V.
O Dio, vieni a salvarmi

R.
Signore, vieni presto in mio aiuto.
Gloria al Padre e al Figlio
   e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
   nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.
Questa introduzione si omette quando si comincia l'Ufficio con l'Invitatorio.
INNO
Creati per la gloria del tuo nome,
redenti dal tuo sangue sulla croce,
segnati dal sigillo del tuo Spirito,
noi t’invochiamo: salvaci, o Signore!
Tu spezza le catene della colpa,
proteggi i miti, libera gli oppressi
e conduci nel cielo ai quieti pascoli
il popolo che crede nel tuo amore.
Sia lode e onore a te, Pastore buono,
luce radiosa dell’eterna luce,
che vivi con il Padre e il Santo Spirito
nei secoli dei secoli glorioso. Amen.
1 ant.
Non disprezzare la mia supplica, o Dio,
          nel clamore degli empi.
SALMO 54, 2-15. 17-24 L’amico che tradisce

Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?
(Lc 22, 48).
 
I   (2-9)

Porgi l’orecchio, Dio, alla mia preghiera, †
   non respingere la mia supplica; *
   dammi ascolto e rispondimi.
Mi agito nel mio lamento *
   e sono sconvolto al grido del nemico,
     al clamore dell’empio.
Contro di me riversano sventura, *
   mi perseguitano con furore.
Dentro di me freme il mio cuore, *
   piombano su di me terrori di morte.
Timore e spavento mi invadono *
   e lo sgomento mi opprime.
Dico: «Chi mi darà ali come di colomba, *
   per volare e trovare riposo?
Ecco, errando, fuggirei lontano, *
   abiterei nel deserto.
Riposerei in un luogo di riparo *
   dalla furia del vento e dell’uragano».
1 ant.
Non disprezzare la mia supplica, o Dio,
          nel clamore degli empi.
2 ant.
Dall’assalto del nemico
          Dio ci ha liberato.
II   (10-15)
Disperdili, Signore, †
   confondi le loro lingue: *
   ho visto nella città violenza e contese.
Giorno e notte si aggirano sulle sue mura, †
   all’interno iniquità, travaglio e insidie *
   e non cessano nelle sue piazze
      sopruso e inganno.
Se mi avesse insultato un nemico, *
   l’avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario, *
   da lui mi sarei nascosto.
Ma sei tu, mio compagno, *
   mio amico e confidente;
ci legava una dolce amicizia, *
   verso la casa di Dio camminavamo in festa.
2 ant.
Dall’assalto del nemico
          Dio ci ha liberato.
3 ant.
Getta nel Signore il tuo affanno:
           egli ti salverà.
III   (17-24)
Io invoco Dio e il Signore mi salva. †
   Di sera, al mattino, a mezzogiorno
      mi lamento e sospiro *
   ed egli ascolta la mia voce;
mi salva, mi dà pace da coloro che mi combattono: *
   sono tanti i miei avversari.
Dio mi ascolta e li umilia, *
   egli che domina da sempre.
Per essi non c’è conversione *
   e non temono Dio.
Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici, *
   ha violato la sua alleanza.
Più untuosa del burro è la sua bocca, *
   ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell’olio le sue parole, *
   ma sono spade sguainate.
Getta sul Signore il tuo affanno †
   ed egli ti darà sostegno, *
   mai permetterà che il giusto vacilli.
Tu, Dio, li sprofonderai nella tomba *
   gli uomini sanguinari e fraudolenti:
essi non giungeranno alla metà dei loro giorni. *
   Ma io, Signore, in te confido.
3 ant.
Getta nel Signore il tuo affanno:
           egli ti salverà.
V.
Ascolta, figlio, la voce della sapienza:

R.
porgi l’orecchio ai miei insegnamenti.
PRIMA LETTURA
 
Dal primo libro di Samuele
25, 14-24 a. 28-39
Davide e Abigail
 
   In quei giorni Abigail, la moglie di Nabal, fu avvertita da uno dei servi, che le disse: «Ecco, Davide ha inviato messaggeri dal deserto per salutare il nostro padrone, ma egli ha inveito contro di essi. Veramente questi uomini sono stati molto buoni con noi; non ci hanno molestati e non ci è venuto a mancare niente finché siamo stati con loro, quando eravamo in campagna. Sono stati per noi come un muro di difesa di notte e di giorno, finché siamo stati con loro a pascolare il gregge. Sappilo dunque e vedi ciò che devi fare, perché pende qualche guaio sul nostro padrone e su tutta la sua casa. Egli è troppo cattivo e non gli si può dire una parola». Abigail allora prese in fretta duecento pani, due otri di vino, cinque arieti preparati, cinque misure di grano tostato, cento grappoli di uva passa e duecento schiacciate di fichi secchi e li caricò sugli asini. Poi disse ai servi: «Precedetemi, io vi seguirò». Ma non disse nulla al marito Nabal.
   Ora, mentre essa sul dorso di un asino scendeva lungo un sentiero nascosto della montagna, Davide e i suoi uomini scendevano di fronte a lei ed essa s’incontrò con loro.
   Davide andava dicendo: «Ho dunque custodito invano tutto ciò che appartiene a costui nel deserto; niente fu danneggiato di ciò che gli appartiene ed egli mi rende male per bene. Tanto faccia Dio ai nemici di Davide e ancora peggio, se di tutti i suoi io lascerò sopravvivere fino al mattino un solo maschio!». Appena Abigail vide Davide, smontò in fretta dall’asino, cadde con la faccia davanti a Davide e si prostrò a terra. Cadde ai suoi piedi e disse: «Perdona la colpa della tua schiava. Certo Dio concederà a te, mio signore una casa duratura, perché il mio signore combatte le battaglie di Dio, né si troverà alcun male in te per tutti i giorni della tua vita. Se qualcuno insorgerà a perseguitarti e a cercare la tua vita, la tua anima, o mio signore, sarà conservata nello scrigno della vita presso il Signore tuo Dio, mentre l’anima dei tuoi nemici egli la scaglierà come dal cavo della fionda. Certo, quando Dio ti avrà concesso tutto il bene che ha detto a tuo riguardo e ti avrà costituito capo d’Israele, non sia di angoscia o di rimorso al tuo cuore questa cosa: l’aver versato invano il sangue e l’aver fatto giustizia con la tua mano, mio signore. Dio ti farà prosperare, mio signore, ma tu vorrai ricordarti della tua schiava». Davide esclamò rivolto ad Abigail: «Benedetto il Signore, Dio di Israele, che ti ha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che mi hai impedito oggi di venire al sangue e di fare giustizia da me. Viva sempre il Signore, Dio d’Israele, che mi ha impedito di farti il male; perché se non fossi venuta in fretta incontro a me, non sarebbe rimasto a Nabal allo spuntar del giorno un solo maschio». Davide prese poi dalle mani di lei quanto gli aveva portato e le disse: «Torna a casa in pace. Vedi: ho ascoltato la tua voce e ho rasserenato il tuo volto».
   Abigail tornò da Nabal: questi teneva in casa un banchetto come un banchetto da re. Il suo cuore era allegro ed egli era ubriaco fradicio. Essa non gli disse né tanto né poco fino allo spuntar del giorno. Il mattino dopo, quando Nabal ebbe smaltito il vino, la moglie gli narrò la faccenda; il cuore gli si tramortì nel petto ed egli rimase come una pietra. Dieci giorni dopo il Signore colpì Nabal ed egli morì. Quando Davide sentì che Nabal era morto, esclamò: «Benedetto il Signore che ha fatto giustizia dell’ingiuria che ho ricevuto da Nabal; ha trattenuto il suo servo dal male e ha rivolto sul capo di Nabal la sua iniquità».
 
RESPONSORIO                       1 Sam 25, 33. 32; Mt 5, 7
 
R.
Tu mi hai impedito oggi di venire al sangue e di
farmi giustizia da solo:
*
benedetto il Signore, Dio
d’Israele, che ti ha mandato incontro a me.

V.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

R.
Benedetto il Signore, Dio d’Israele, che ti ha mandato
incontro a me.
SECONDA LETTURA
Dalle «Omelie» di san Gregorio di Nissa, vescovo

(Om. 6, sulle beatitudini; PG 44, 1266-1267)
La speranza di vedere Dio
 
   La promessa di Dio è certamente tanto grande da superare l’estremo limite della felicità. Quale altro bene infatti si può desiderare, quando tutto si ha in colui che si vede? Infatti vedere, nell’uso della Scrittura, ha lo stesso significato che possedere, come quel detto: «Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme » (Sal 127, 5), dove il verbo significa la stessa cosa, che «possa tu avere». E così pure: Sia tolto di mezzo l’empio perché non vedrà la gloria del Signore (cfr. Is 26, 10), dove il Profeta per «non vedere» intende «non essere partecipe».
   Quindi colui che vede Dio, per il fatto stesso che lo vede, ha ottenuto tutti i beni, una vita senza fine, l’incorruttibilità eterna, la beatitudine immortale, un regno senza fine, una gioia perenne, la vera luce, una voce spirituale e dolce, una gloria inaccessibile, una perpetua esultanza, insomma ogni bene.
   In verità, quello che vien proposto alla speranza nella promessa della felicità ha queste immense proporzioni. Ma siccome è già stato prima dimostrato che il modo di vedere Dio si attua alla condizione di avere il cuore puro, in questo nuovamente la mia intelligenza è preda delle vertigini. La purità del cuore infatti non è forse fra quelle virtù che non si possono conseguire, perché superano e oltrepassano la nostra natura? Se Dio si può vedere solo attraverso questa lente di purità e se d’altro canto Mosè e Paolo non lo hanno veduto perché affermano che Dio non può essere visto né da loro né da alcun altro, ciò che il Verbo propone alla beatitudine sembra cosa né mai effettuata né effettuabile.
   E quale vantaggio possiamo avere noi dal fatto di conoscere a quale condizione si possa vedere Dio, se poi mancano le forze per raggiungere quanto si è scoperto? Sarebbe infatti come se si dicesse che è cosa meravigliosa soggiornare in cielo perché là si vedono cose che qui sulla terra non si possono vedere. Se con le parole si potesse dimostrare un qualche modo di attuare un viaggio in cielo, allora sarebbe utile agli ascoltatori apprendere che è felicità grande abitare in cielo. Ma sino a quando non potrà essere attuata questa ascesa al cielo, quale vantaggio può dare la conoscenza della felicità celeste? Non costituisce piuttosto un tormento e una delusione, perché ci rende consapevoli di quali beni siamo stati privati, per il fatto che ci è impedito di salire al cielo? E perché allora il Signore ci esorta ad una cosa che supera la nostra natura e ci dà un precetto che va oltre le forze umane?
   Ma le cose non stanno così, perché egli non comanda di diventare uccelli a coloro ai quali non ha fornito le ali, né di vivere sott’acqua a coloro per i quali ha stabilito una vita terrestre. Se dunque la legge in tutti gli altri esseri è adatta alle forze di coloro che la ricevono e non costringe a nessuna impresa che superi la natura, comprenderemo senz’altro anche questo dal fatto che è compatibile con le nostre risorse e che non si deve disperare di raggiungere la felicità promessa. Capiremo ancora che né Giovanni, né Paolo, né Mosè, né altri sono stati privati di questa sublime felicità, che proviene dalla visione di Dio. Non colui che disse: «Mi resta solo la corona di giustizia, che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà» (2 Tm 4, 8). Neppure colui che posò il capo sul cuore di Gesù, o colui che udì dalla voce divina: «Ti ho conosciuto per nome» (Es 33, 17).
   Se perciò coloro che hanno affermato che la visione di Dio è sopra le nostre forze, sono anch’essi beati, e se la beatitudine viene dalla visione di Dio, e se chi ha il cuore puro può vedere Dio, certo la purezza, per mezzo della quale si può raggiungere la beatitudine, non è una virtù impossibile.
 
RESPONSORIO             Cfr. Sal 62, 2; 16, 15
R.
O Dio, ha sete di te l’anima mia,
*
a te anela
la mia carne.

V.
Nella giustizia contemplerò il tuo volto, al
risveglio mi sazierò della tua presenza:

R.
a te anela la mia carne.
ORAZIONE
   Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla salda roccia del tuo amore. Per il nostro Signore.
       Benediciamo il Signore.

       R.
Rendiamo grazie a Dio.