Venerati e cari Confratelli,
«voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rom 8, 15-17). E questa la rivelazione formidabile che riguarda l’umanità. La Chiesa infatti, germogliando nel grembo del Cenacolo, e sospinta dal fervido fuoco della Pentecoste, apre le porte e va incontro agli uomini di tutti i tempi perché ha una notizia da porgere a tutti. Non è − lo sappiamo − un’idea, un codice, una sapienza umana o una nuova gnosi: ha un volto e un nome, ha uno sguardo che accende la vita, è parola che risuona e suscita speranza. E la Persona viva e palpitante, umanissima e divina, di Cristo. Egli è il Salvatore, Colui che redime l’uomo dal peccato, radice di ogni male, e lo restituisce al Padre nell’abbraccio rinnovatore del suo Spirito. E il Liberatore da ogni schiavitù, la Verità di Dio e dell’uomo, la Via che conduce al cielo – Egli che è il Cielo – la Vita che il cuore dell’uomo desidera, e ricerca a volte per strade sbagliate. Egli è la felicità piena che non viene meno anche a fronte dei nostri tradimenti. Davanti al suo volto, il credente si sente come trafitto da un pianto e da un incanto che non riesce pienamente a descrivere: l’incanto è provocato dalla bellezza che scorge in quello sguardo d’amore, il pianto invece lo prende alla gola per la consapevolezza pungente della propria povertà. E pianto di rammarico ma anche di gioia: sa che Cristo, nonostante tutto, non rinuncerà ad amarlo.
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S. Em. Card. Angelo Bagnasco