Viviamo a Verona quella grande assemblea di Sichem di cui abbiamo ascoltato, con motivi simili a quelli che avevano spinto Giosuè a convocare il popolo. Giosuè avvertiva il rischio che prevalessero l’identità di ogni tribù e di ogni clan familiare, di una frammentazione che enfatizzasse l’io ma relativizzasse il noi. Quando questo avviene – troppo spesso – il problema è soprattutto per l’io che si deforma! Solo insieme si rinsalda il patto di alleanza che rende un solo popolo capace di vivere la promessa. In un mondo segnato dalla paura, dall’idolatria dell’individualismo, che gonfia l’io perché non riesce a pensarsi insieme, sentiamo la felicità di questi giorni di vero giubileo: consapevolezza, ringraziamento, felicità di una strada che si allunga man mano che si percorre, di fare parte di un grande popolo che cammina insieme e si sostiene nelle difficoltà, solidali tra “fratellini e sorelline” di tutte le età e con tutti, sempre senza chiedere passaporto e fedina penale. A Sichem fecero memoria di quanto avevano vissuto nei lunghi anni dell’esodo e dell’amore provvidente di Dio che li aveva accompagnati sempre, anche quando erano inconsapevoli. Il loro cuore era rivolto al futuro, al tempo e alla sfida che li attendeva.
Oggi sono con noi – in quel legame spirituale ma reale che è la comunione, il filo d’oro dei cuori – tutti i ragazzi e le ragazze che camminano con noi, i compagni strada, mai estranei, sempre prossimi. Non siamo turisti, ma esploratori! Ci accompagnano anche i tanti che in questi cinquanta anni hanno camminato con voi e adesso, magari, camminano con difficoltà con le gambe ma certamente lo fanno ancora di più col cuore, con la preghiera, con la solidarietà. Davvero “per sempre”. Siete un popolo. Solo l’io può scegliere, ma solo il noi può aiutare quell’io a camminare. Siete capi. L’Agesci è una delle poche realtà dove questo termine è evidente, libero da confronti e competizioni perché come deve essere, di solo servizio. Lo siete e vi fate riconoscere, liberi da riconoscimenti, ma anche da deleghe o da capi che lo fanno in maniera surrettizia, senza giocarsi personalmente, finché conviene o non richiede molto. Senza di voi il popolo scout non cammina.
Siete tanti, ma quanti altri ne servirebbero per potere dare la possibilità di conoscere e seguire il miglior maestro della vita che è Gesù, che ama e insegna ad amare sé stessi e ad amare il prossimo, che cammina per strada e apre quella del cielo. Tu hai parole di vita eterna, parole di vita e non di morte, parli di quello che non finisce e che la vita la rende piena di bellezza umana e spirituale già oggi, luce nel buio, giustizia nei disequilibri, pace nelle divisioni, mitezza in un mondo con cuori e menti armati. L’io isolato soffre, non sta bene! L’io in una vita ridotta a laboratorio diventa solo più fragile. Sappiamo quanti ragazzi e ragazze chiudono il mondo in una stanza (senza cielo però!), catturati e ingannati dallo schermo che confonde reale e virtuale e fa credere di essere quello che non si è. A volte ho l’impressione che anche quando stiamo con gli altri restiamo sempre come davanti ad uno schermo! Ecco perché essere capi: per loro, per camminare nella vita vera, per cambiare questo mondo e renderlo felice non perché va tutto bene, ma perché ho qualcuno con me e ho speranza. Capi perché nessuno resti indietro, per non avere paura degli imprevisti, per camminare contemplando e difendendo il Creato e le creature, per imparare ad arrangiarsi, arte così importante per chi cammina davvero! Vi prendete responsabilità in un mondo che ama il ruolo e la considerazione, ma senza legami e sacrifici. Essere capi vi ha cambiato e vi ha reso migliori. Ognuno personalmente e tutti insieme avete, in tanti modi, rinnovato quella promessa che fin da piccoli ha orientato la vostra vita: “fare del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese”. Solo così si educa e chi educa cambia. Avete sentito il dovere verso Dio e il suo sogno per il mondo, che poi vuol dire anche per ogni persona. Avete sentito il dovere verso il nostro Paese e anche quell’altro Paese che per noi è l’Europa, ma alla fine l’intera casa comune della terra che vogliamo sentire e rendere casa e una casa per tutti. Fare il meglio è molto diverso dall’angoscia di prestazione, solo dimostrativa di sé non per gli altri, piena di confronti e paure. Fare il meglio è poter chiedere aiuto, sbagliare, correggersi ed essere corretti, è non accontentarsi e allo stesso tempo godere del cento volte tanto che riceviamo in fratelli, sorelle, padri, madri. Fare il meglio perché abbiamo davvero capito che se non lasciamo il mondo migliore sarà peggiore, segnato da ingiustizie inaccettabili, alle quali non vogliamo abituarci. Siete diventati grandi facendo diventare grandi non perché sopra gli altri, ma insieme e nel servizio. Il più grande aiuta il più piccolo. Sempre. Quando ognuno finisce per essere regola a sé stesso si finisce per cercare una felicità individuale e non trovarla mai.
Ponete l’onore essendo affidabili in un mondo spesso incerto e cangiante; siete leali, non ingannate e aiutate a non nascondere e avere paura della fragilità, a poter avere fiducia in qualcuno; siete utili e aiutate gli altri, non aspettate e fate voi il primo passo e insegnate a farlo; siete cortesi in tanta pericolosa ignoranza e aggressività egocentrica; obbedite, insegnando a non rinunciare mai a pensare e a usare la coscienza, ma legati a Gesù e alla legge del noi; sorridete in un tempo di tanto vittimismo egocentrico e superficiale. E continuate a cantare e fare cantare assieme, a cantare la vita nella gioia e nel dolore. Siete laboriosi, cioè non fatalisti, non approssimativi o pigri che si salvano da soli e hanno tempo da perdere perché non hanno nessuna da amare. Siete economi, cioè attenti con tante buone prassi all’ambiente umano e naturale e non con la stoltezza del benessere. E infine siete puri di pensieri, parole ed azioni. Puri? Siete puri perché liberi da una verità ipocrita e senza vita, perché siete capaci di sporcarvi per amore, perché questa è la purezza cristiana.
Voi dimostrate che è possibile vivere una vita felice, non perché senza problemi, ma perché con un amore più forte delle avversità. Questo era il sogno di Baden-Powell – un uomo segnato dalla terribile esperienza della guerra – e questo rimane e si conferma il sogno che anche voi, qui a Verona, volete rinnovare. Non siete per niente “anime belle”, ma belle e forti anime in un mondo che la trova poco! Non siete ingenui, ma – proprio perché sapete come va il mondo – lo volete cambiare! Non siete diventati cinici osservatori, turisti, ma sempre esploratori. Generate tanta felicità. Qualcuno, anche all’interno della vostra Associazione, ha ironizzato su questo tema, giudicandolo un po’ naif. In realtà il tema della felicità ci riporta al cuore del Vangelo, che è annuncio di gioia e via di felicità, vera, di pace, giustizia, amore. La via della felicità non è benessere a poco prezzo o garanzia di non avere problemi! Anzi! È una parola dura perché ferisce l’orgoglio e libera dalle difese, chiede di metterci in gioco e ci fa affrontare le paure. Voi avete fatto vostra quell’espressione che Baden-Powell scrisse nel suo ultimo chiaro, semplice, sempre nuovo messaggio agli Scouts del mondo: “il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri”, il segreto umile ed esigente della felicità. Così si costruisce la pace, “specialità” che è richiesta a tutti! “Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, diventa anch'egli più uomo” (GS 41).
A nome dei Vescovi italiani desidero manifestare il più grande affetto, la stima e la gratitudine per ciò che siete e per ciò che fate. In questo nostro tempo di guerra siate testimoni di pace! I vostri gruppi siano luoghi in cui si costruisce e si custodisce la pace attraverso un’accoglienza vera per sconfiggere l’odio e il pregiudizio, l’ignoranza e la violenza nelle parole, nelle menti e nelle mani, disponibilità a relazioni riconciliate tra voi e con tutti. Così si disarmano le menti, i cuori, le mani. Viviamo in un tempo di emergenza educativa: siate capaci di scelte coraggiose, di essere riferimenti, specie verso quelle ragazze e quei ragazzi che sono più emarginati! Ritornate allo spirito di Baden-Powell che pensò allo scautismo per i ragazzi più emarginati di Londra. La grande stima che godete presso le famiglie e le istituzioni non vi renda mai una realtà lontana dalla realtà, borghese; non vi accontentate di accogliere chi vi cerca, ma andate voi a cercare quelle ragazze e quei ragazzi che non verrebbero mai o le cui famiglie non inserirebbero i loro figli in una lista di attesa. Recuperate lo spirito missionario dello scautismo accogliendo tutte e tutti e condividendo con loro la bellezza della vostra esperienza.
Viviamo in un tempo di sinodalità ecclesiale: siate partecipi di questo percorso che la Chiesa sta vivendo! Non siete mai ospiti in parrocchia. Voi siete una associazione ecclesiale, ma non clericale; la vostra esperienza di democrazia associativa vi rende esperti di processi in cui ognuna e ognuno è chiamato a contribuire, senza esibizione e protagonismo, ma con tanta responsabilità. Condividete con le vostre Diocesi i percorsi sull’educare alla vita cristiana e sull’iniziazione cristiana. Fatevi voce nella Chiesa delle domande e delle provocazioni di coloro che si sentono ai margini e siate per quelle stesse persone il volto di una Chiesa che accoglie tutti e che propone a tutti un cammino di felicità nella sequela di Cristo, che non si conosce in astratto, in laboratorio, ma nella vita.
Viviamo in un tempo di crisi della democrazia e della partecipazione democratica: siate nelle vostre comunità custodi del bene comune e testimoni di un agire politico concreto, davvero disinteressato perché con un unico interesse: la persona. Non accontentatevi di slogan e sfuggite alla pericolosa e colpevole polarizzazione o vuota proclamazione di valori, ma si traduce in azione concreta a favore dei più fragili e dei più bisognosi, in particolare i ragazzi e i giovani.
Viviamo un tempo in cui nel nostro Paese è ancora forte e insidiosa la pratica dell’illegalità e delle scorciatoie compiacenti in nome della convenienza personale. In questo anno in cui celebriamo i trent’anni dell’omicidio di don Peppe Diana, parroco di Casal di Principe e Assistente ecclesiastico dell’Agesci, continuate ad essere testimoni e educatori di legalità e di giustizia, senza compromessi e senza impegni a spot o per i sondaggi, come condizione essenziale per costruire il bene comune e insegnare ad amarlo e difenderlo tutti i giorni.
Viviamo in un tempo in cui si evitano le scelte perché sembra intollerabile rinunciare a qualcuna delle infinite esperienze volatili e a poco prezzo che ci vengono offerte. Seguendo la testimonianza di don Giovanni Minzoni, sappiate scegliere e educare alla vera libertà, affrontando ogni fascismo, totalitarismo e violenza come le Aquile Randagie, senza paura di rinunciare per scegliere e trovare ciò che è buono e bello, ciò che Cristo e la coscienza ci indicano come giusto.
In questo contesto fluido e con sempre meno punti di riferimento stabili, ma con tanti tecnici e assistenti interessati, siate testimoni umani e credibili di scelte definitive e libere, solo per amore e per servizio, senza il timore che siano “per sempre”, anzi con la preoccupazione che non siano “per un po’” nel matrimonio, nel sacerdozio ministeriale o nella vita consacrata, nella professione, nell’impegno politico. Non mezze scelte, sempre timorose, perché è la scelta che fa crescere, non perché risolve tutto, ma troverà chi non lascerà mai solo e darà la forza per affrontare la strada. Non “a tempo determinato” ma dono, pienezza perché l’amore ha paura di non donarsi completamente e possiede l’arte di riparare tutto. In un tempo di tanto individualismo e dittatura dell’“ego”, siate educatori e testimoni di condivisione nella comunità, della bellezza del lavorare e camminare insieme, del costruire insieme un mondo più fraterno e amichevole e, per questo, libero e liberante dalle tante dipendenze, vere tiranniche schiavitù. Viviamo in un tempo in cui l’esperienza religiosa e la fede sono relegate al privato e sono ritenute lontane dalla vita, restrittive della coscienza personale e limitative dell’io: siate testimoni di una vita cristiana che favorisce la bellezza di ogni espressione dell’umano, che non ha paura di legarsi per amore e non per possedere, sentendosi a casa nella Chiesa e amandola non perché sia una realtà perfetta, ma perché famiglia di peccatori perdonati che seguono colui che insegna ad amare, parola di vita eterna.
Buona strada, carissimi cape e capi dell’Agesci. Il Signore porti a compimento l’opera che ha iniziato con voi e in ciascuno di voi, cantando, camminando, con speranza e felicità!