Oggi celebriamo Maria Madre della Chiesa, madre di quei figli che le sono affidati e con i quali sperimenta la pienezza del Paraclito, consolatore. Contempliamo lo Spirito in questa raffigurazione che sembra irrompere nella vita, come una forza di amore che con i suoi tanti raggi vuole raggiungere tutti, perché la sua consolazione curi le tante insopportabili ferite dell’umanità, colpita dal male e dal male ultimo, il più temibile perché li contiene tutti che è la guerra. Lo Spirito rompe i muri della divisione e rende le ferite occasione di consolazione e di speranza. Ecco, è questo Spirito che Maria ci dona di vivere, rendendoci famiglia di Dio, piena di quell’amore che è il solo a vincere il male e che può aprire le vie della pace. Sì, Maria Regina della Pace e i discepoli artigiani di amore e di dialogo. Non accettiamo la legge della rassegnazione per la quale l’unica cosa che possiamo fare è salvare noi stessi.
La Chiesa è una madre che ama e, per questo, non può arrendersi alla logica terribile del male che distrugge tutti i ponti perché le persone e le nazioni vivano contro gli altri o senza gli altri. La Chiesa è una madre di pace perché porta nel suo cuore la sofferenza terribile, indicibile, delle vittime, delle tante madri che non vogliono essere consolate perché i loro figli non sono più. Lei è madre e i suoi occhi grondano lacrime, notte e giorno non smette di piangere. Vedere questa Madre, stare con Lei aiuta noi – spesso dimentichi e tardi di cuore – a piangere, per vedere bene e fare nostro il dolore di chi è colpito dalla violenza. Maria sa che la speranza ha un prezzo perché bisogna contrastare la terribile forza del male che ha interessi enormi e usa la stolta complicità di tanti e l’inedia di chi rimanda e pensa di avere sempre tempo. Maria ha speranza perché si rende conto dei problemi, anzi li capisce più di tutti, perché li vede con gli occhi dei bambini, capisce il mondo partendo dall’ingiustizia delle loro paure e dal grido orribile di quei piccoli che invocano la pace con la loro sofferenza e il loro pianto.
La dolce insistenza della preghiera con Maria, meditare insieme a Lei, ci fa ascoltare e mettere in pratica tutto quello che Lui, che è la pace, ci continua a dire. Nessuno esiste senza gli altri, ha detto il Papa, e se gli altri non esistono più, anche noi smettiamo di esistere. “Noi siamo, io sono”. Se Lui non è, noi non siamo. È la regola della comunità, del pensarsi assieme, di quella fraternità che viene dall’essere fratelli tutti e che non può accettare che il fratello non sia più. L’insistenza della preghiera ci aiuta a scegliere nel profondo di essere artigiani di pace perché tanti artigiani di pace aiuteranno chi deve costruire un’architettura che garantisca la pace giusta e sicura e avere il coraggio di iniziare. Artigiani possiamo esserlo tutti, dobbiamo esserlo combattendo l’odio e l’ignoranza, costruendo con la nostra vita la relazione di solidarietà e comprensione con il prossimo, perché nessuno è mai nemico.
Sant’Agostino ci ricorda che basta amare la pace, ed essa istantaneamente è con te. «La pace è un bene del cuore e si comunica agli amici, ma non come il pane. Se vuoi distribuire il pane, quanto più numerosi sono quelli per cui lo spezzi, tanto meno te ne resta da dare. La pace invece è simile al pane del miracolo che cresceva nelle mani dei discepoli mentre lo spezzavano e lo distribuivano. E intanto abbiate la pace tra voi, fratelli. Se volete attirare gli altri alla pace, abbiatela voi per primi; siate voi anzitutto saldi nella pace. Per infiammarne gli altri dovete averne voi, all’interno, il lume acceso» (Discorso 357, nn. 2-3). Cristo è risorto e lo Spirito ci dona di parlare fin da oggi la lingua che tutti capiscono, quella dell’amore. Così inizia la pace.
Mazzolari ricordava le parole di Pio XII: «L’avvenire appartiene a quelli che amano, non a quelli che odiano… Il demonio ha invaso la terra con l’odio: fate rivivere, prepotente, l’amore. Tanti sono ancora cattivi perché non sono stati finora abbastanza amati». Il tedesco Max Josef Metzger, “prete e martire” (com’è chiamato da un biografo protestante), fu ucciso dai nazisti nel 1944 perché predicava la pace. Affermava: «Noi dobbiamo organizzare la pace, così come altri organizzano la guerra». In una lettera scritta dal carcere al Papa nel 1944 asserì: «Se l’intera cristianità avesse fatto una potente, unica protesta, non si sarebbe evitato il disastro?».
Ecco, sentiamo questa domanda così vera anche per noi. Docili allo Spirito e liberi da quello del mondo, scegliamo di essere operatori di pace parlando con tutti, avendo pace nel cuore liberandolo da ogni odio e giudizio, perché nella Babele del mondo possiamo parlare la lingua dell’amore e lo Spirito Paraclito, che ci è affidato, sani i cuori feriti, liberi la fraternità umana dal demone della guerra. Possano i figli di Dio vivere il dono “desideratissimo” della pace.