Il servizio dell’amministrazione e Cammino sinodale

Introduzione al Convegno nazionale degli economi diocesani - Salerno, 8-10 giugno 2022

Era il febbraio 2004 quando, a Bellaria (Rimini), si tenne il primo Convegno nazionale degli economi diocesani, organizzato dalla Segreteria Generale della CEI. Da allora, questo appuntamento annuale ha accompagnato lo svolgimento del vostro servizio e quello dei vostri collaboratori, affermandosi come occasione preziosa di aggiornamento, riflessione e anche di conoscenza reciproca e amicizia. Questo 18° incontro si pone in continuità con il percorso compiuto, confermando il valore dell’iniziativa; esso vuole innanzitutto richiamare l’attenzione su alcuni orientamenti di fondo che riguardano la vostra specifica responsabilità ecclesiale. Uno degli scopi del vostro convenire è crescere nella consapevolezza della dignità dell’ufficio che vi è assegnato, per collaborare in maniera sempre più competente all’amministrazione dei beni temporali della Chiesa, esercitando le varie funzioni via via affidatevi di gestione, di vigilanza o anche di consulenza.
Quello che stiamo attraversando è un tempo difficile: prima la pandemia, i cui strascichi sono ancora molto evidenti, e adesso la guerra, che continua a seminare morte e distruzione. Nonostante tutto, viviamo un tempo di grazia, un privilegio: il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia! È una grande opportunità per le nostre comunità e per la Chiesa universale, perché – come ci ha ricordato Papa Francesco – Gesù ci chiama “a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci” (Celebrazione eucaristica per l’apertura del Sinodo, 10 ottobre 2021). È questo, cioè, il momento per pensare con coraggio a come saranno la nostra Chiesa, le nostre diocesi, le nostre parrocchie nel prossimo futuro. Quanti, come, dove saremo nel 2050? Farci queste domande non significa sfidare la Provvidenza di Dio, che sempre ci sorprende, ma vuol dire piuttosto saper discernere e leggere i segni dei tempi, guardando con responsabilità all’“oggi” che ci è dato di vivere. Con coraggio e con uno slancio rinnovato.
Siamo chiamati, innanzitutto, a riconoscere in questo nostro convenire una concreta e luminosa esperienza di sinodalità: ci scopriamo “insieme sulla strada”, nel nostro cammino da discepoli del Signore Risorto, non come liberi battitori ma come popolo, come famiglia, comunione di persone. In questo primo anno dedicato all’ascolto, abbiamo avuto modo di sperimentare la bellezza del ritrovarci insieme, di sentirci appartenenti ad un “noi” che racchiude la ricchezza delle diversità.
Del resto, la sinodalità qualifica la vita e la missione della Chiesa, esprimendo la sua natura di popolo di Dio che cammina insieme e si riunisce in assemblea, convocata dal Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo per annunciare il Vangelo. Non si tratta di qualcosa di accessorio, ma di uno stile da assumere nell’ordinarietà della vita e del lavoro. “Camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito” (Papa Francesco, Saluto all’apertura dei lavori della 70ª Assemblea Generale della CEI, 22 maggio 2017).
Tutti gli aspetti dell’esistenza umana e della sua conduzione sono dunque coinvolti ed entrano in gioco nel cammino verso Dio. Pertanto la necessità dei mezzi deve sempre essere strettamente connessa alla stringente logica dei fini. Gli uomini che guardano la Chiesa, dall’interno o dall’esterno, attendono che questa si manifesti anche nell’azione quale essa è nella sua intima natura, e che i discepoli di Cristo usino del mondo come se non ne usassero (cf. 1Cor 7,31), secondo un amore senza misura e una povertà senza finzioni, sempre fiduciosi nella Provvidenza del Padre.
Quando prendiamo in esame i problemi dell’amministrazione dei beni temporali, in primo piano ci devono mai essere esigenze di organizzazione di uffici e ministeri o, ancora, l’impatto amministrativo. In primo piano c’è sempre, e soprattutto, la coscienza che la Chiesa ha di sé nel rapporto con le cose e con le realtà temporali.
La questione dell’amministrazione dei beni temporali si innesta, così, sulle stesse profonde realtà che fondano l’identità della Chiesa e la sua missione, il suo essere costituita nel mondo quale sacramento, ossia «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano».
 
In questa prospettiva, il Cammino sinodale diventa un “kairos” anche per chi è chiamato a custodire e ad amministrare i beni temporali della Chiesa. Mi permetto di indicare alcune priorità, che l’esperienza della sinodalità ci consegna.
Innanzitutto, non bisogna mai perdere di vista il fine ultimo del servizio che vi è stato affidato. Il Codice di Diritto Canonico, al can. 1254, ci rammenta che i beni temporali che la Chiesa possiede sono destinati a conseguire i suoi fini e cioè il culto divino, l’onesto sostentamento del clero, l’apostolato e le opere di carità, specialmente a servizio dei poveri. Questo, oltre ad essere coerente con l’insegnamento evangelico, diventa responsabilità ancora più impellente per prevenire forme di cattiva gestione e impedire gli scandali che ne conseguirebbero.
In secondo luogo, è sempre più urgente “fare alleanza”: è questa la categoria con la quale guardare – con lungimiranza – al rapporto tra le nostre diocesi e, nelle singole diocesi, tra i vari soggetti coinvolti nell’amministrazione dei beni della Chiesa. Non possiamo pensare di affrontare da soli le sfide che questo cambiamento d’epoca ci propone e ci impone. Anche in questo caso non possiamo non riconoscere che siamo sulla stessa barca, “tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda” (Papa Francesco, Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, 27 marzo 2020).
Il tema dell’alleanza è poi strettamente connesso a quello della “corresponsabilità”. Il servizio dell’economia diocesana è oggi più che mai chiamato a raccogliere questa sfida. Le nostre comunità ecclesiali devono riscoprire e crescere con convinzione nella corresponsabilità, che va intesa non come scelta obbligata a causa della scarsità del clero ma come via attraverso la quale manifestare l’autentico volto della Chiesa popolo di Dio. Questa visione deve sostenere, in primo luogo, l’impegno a formare e accompagnare il servizio dei consigli per gli affari economici sia quelli diocesani che quelli parrocchiali. Si tratta di luoghi in cui si manifesta in modo chiaro l’essere Chiesa Comunione, non dobbiamo inventarci chissà che cosa. Il far funzionare in modo corrispondente alla loro vocazione queste realtà contribuisce in modo significativo alla comunione della Chiesa locale.
Sono convinto che Corresponsabilità significa, inoltre, condividere le risorse per il bene di tutti. Ecco allora la fecondità degli incontri interdiocesani o per regione ecclesiastica degli economi attraverso i quali promuovere concrete strategie per affrontare questioni comuni che necessitano di investimenti di professionalità e competenze difficilmente rintracciabili nelle singole diocesi.
 
Sono questi gli atteggiamenti decisivi che devono sempre più orientare il vostro cammino. L’esperienza sinodale in atto sta facendo emergere fra le altre cose la necessità di uno snellimento delle strutture ecclesiali. A proposito di strutture, se pensiamo al vostro servizio ci si accorge che in qualche modo siete nel “cuore” delle strutture della Chiesa e che il vostro impegno richiede necessariamente una strutturazione importante che possa permettervi di portare con efficacia il vostro contributo. L’amministrazione dei beni e del patrimonio potrebbe essere intesa come uno di quei luoghi guardati con sospetto che in qualche modo appesantiscono il cammino della comunità. Allo stesso tempo questo tempo di ascolto del cammino sinodale sta facendo emergere quanto sia importante l’ascolto e il confronto diffuso, espressione di un coinvolgimento “a tutto tondo” della comunità cristiana. Credo che cogliere i primi elementi che emergono da questo percorso possa essere di grande ispirazione per far sì che quanto fate sia sempre più una risposta a quella che in fondo è una grande domanda di “senso”. Ritengo che una delle possibili risposte sia quella di comprendere come sviluppare una capacità nuova di camminare insieme avendo il coraggio di dare il “primato alla comunione”, affrontando la fatica che questo comporta sapendo che spesso per fare questo bisogna percorrere strade più lunghe, che la tentazione di “prendere le scorciatoie” è sempre dietro l’angol, che il pensiero che “chi fa da sé fa per tre” in non pochi casi condiziona il nostro vissuto. No! Esistono strade nuove che lo Spirito ci chiama a praticare. Ne vale la pena.
Significativa da questo punto di vista è l’esperienza che stiamo vivendo con le Diocesi del Centro Italia che sono state devastate dal terremoto del 2016 che, solo guardando agli edifici di culto, ne ha resi inagibili più di 3000. Fin dall’inizio pur dovendo gestire una tragedia su cui era difficile trovare delle risposte all’altezza della situazione, si è attivato un rapporto sinergico e costante tra Segreteria Generale, Diocesi, istituzioni ed enti preposti al recupero di questo patrimonio.
L’aver tenuto vivo costantemente questo dialogo, anche quando le strade sembravano tutte sbarrate, sta oggi portando dei frutti inattesi che ci richiedono grande responsabilità ma allo stesso tempo ci fanno vedere che anche attraverso l’amministrazione e la custodia dei beni che ci sono affidati è possibile portare una testimonianza di Chiesa che può diventare un dono per tutta la società e un modo nuovo di “fare cultura” nel rapportarci con le istituzioni e gli enti che sono chiamate ad amministrare il bene pubblico. In tutto questo è stato importante lo sforzo di “allargare” il campo delle competenze coinvolgendo in modo sinergico diverse persone e professionalità ed evitando di soffermarsi ad un atteggiamento meramente amministrativo e utilitaristico.
 
C’è un altro aspetto che emerge dal primo anno di ascolto del cammino sinodale e che mi sembra importante segnalare: in diversi casi si sono messi in moto gli organismi di partecipazione e c’è stato il significativo coinvolgimento delle diverse componenti della comunità cristiana; allo stesso tempo, anche a causa dei tempi stretti che abbiamo avuto a disposizione, non sono state molte le esperienze che hanno visto il coinvolgimento di coloro che non partecipano direttamente della vita della comunità locale. Tuttavia, quando questo lo si è riuscito a fare, non raramente ci sono state segnalate delle esperienze positive. Il secondo anno dell’ascolto potrà essere anche l’occasione per crescere in questa direzione. La questione che apparentemente sembra non riguardare il mondo degli economi e il servizio di amministrazione delle Diocesi in realtà contiene diversi aspetti stimolanti.
Sappiamo bene che il “sistema 8×1000” ha aperto negli anni molte possibilità di intervento alle chiese locali con ricadute pastorali e culturali significative. Allo stesso tempo emergono con sempre più chiarezza degli elementi problematici nella gestione dell’8×1000 che ci richiedono una seria riflessione. Quello che è stato pensato fin dall’inizio come un sistema sussidiario per il sostentamento del clero e per le azioni di culto e pastorale e caritative è diventato spesso sostitutivo ed unico fino ad arrivare al punto che la diminuzione, anche minima, del flusso dell’8×1000 che annualmente viene assegnato alle Diocesi diventa un fattore di grande crisi per la maggior parte di queste.
In questo modo, fra le altre cose, va a modificarsi e a snaturarsi anche il rapporto tra le Diocesi e la CEI che rischia di diventare una sorta di “Ministero” erogatore di servizi e di risorse economiche vitali. Sempre più Diocesi attivano azioni sul territorio, anche significative, confidando che le stesse possano essere sostenute dall’8×1000 e facendo spesso venir meno il possibile e necessario intervento degli enti, delle aziende e delle istituzioni locali. Non si attivano così in modo sufficiente quelle indispensabili sinergie e collaborazioni che mettono insieme realtà deputate al servizio del bene comune. Si genera di conseguenza un circuito vizioso che in alcuni casi vede l’impianto di “macchine stabili” che necessitano di un continuo nutrimento fuori dal circuito delle risorse locali che invece dovrebbero essere quelle deputate a sostenere tali imprese. Non si tratta di una problematica meramente economica che pure è molto rilevante quanto soprattutto del significato del nostro essere Chiesa nel mondo. Il rischio è quello di illudersi di bastare a sé stessi, creando di conseguenza degli “orti chiusi” anche quando ci rendiamo protagonisti di azioni che ci fanno apparire come “Chiesa in uscita”.
Papa Francesco più volte sollecita a tener vivo il dialogo con coloro che non partecipano della comunità cristiana e ci indica anche una strada affinché ciò avvenga. Lo diceva chiaramente alla Chiesa italiana già a Firenze nel novembre del 2015, durante il V Convegno nazionale ecclesiale: “ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di pensare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti, non da soli, fra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà”.
 
Occorre infine essere centrati nella “trasparenza” aspetto che ha, anch’esso, a che fare con la capacità di metterci in gioco in campo aperto, di giocare a “carte scoperte”. Papa Francesco ha più volte ribadito che per la comunità ecclesiale l’attenzione per i poveri è prioritaria. In tale prospettiva, la centralità della trasparenza nell’amministrazione dei beni della Chiesa, testimoniata nelle relazioni e nel governo dei processi economici e gestionali, è essenziale e imprescindibile. Non si tratta di un semplice obbligo per chi amministra i beni della Chiesa, ma di una formidabile opportunità pastorale che può trasformarsi in una preziosa risorsa. Una gestione chiara, comprensibile, spiegata e verificabile, costituisce una testimonianza cristiana autentica e efficace, in grado di suscitare ulteriore generosità, per le esigenze della comunità.
Non perdere di vista il fine ultimo, costruire alleanze, generare corresponsabilità e impegnarsi per la trasparenza: pensate a queste priorità come a dei cartelli luminosi lungo la strada del vostro servizio di economi e collaboratori. Auspico che questo Convegno porti abbondanti frutti di riflessione e di esperienza, da spendere sui nostri territori, a beneficio della comunità ecclesiale e dell’intera società.

S.E. Mons. Stefano Russo

08 Giugno 2022

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