Caro Padre Santo,
per prima cosa Le vogliamo dire che abbiamo tanta gioia nel cuore e siamo felici di questo incontro. Grazie perché la sua presenza è una benedizione e ci aiuterà a vivere non una settimana, ma tutti i giorni come sociali e condivisi. Come fa un cristiano a non essere sociale? E Lei è un po’ il primo poeta sociale. E grazie, Padre Santo, perché non si stanca di cercare la pace e ricorda a tutti di essere artigiani di pace.
In questi giorni nessun vittimismo e nessun lamento, tanta gioia e tanti problemi affrontati e da amare. La Chiesa in Italia al centro ha sempre e solo Gesù e, per questo, il prossimo, ad iniziare dai suoi e nostri fratelli più piccoli.
Un grazie al Comitato Scientifico e Organizzatore per il lavoro di preparazione, grazie al Vescovo Luigi Renna e a quanti hanno contribuito a vario titolo, tutti importanti. Grazie al Vescovo Enrico Trevisi, alla sua Chiesa, alla città di Trieste e alla Regione del Friuli Venezia Giulia: ci siamo sentiti a casa, abbiamo trovato una vera Piazza Unità d’Italia. Questa è una terra che unisce Est e Ovest, Nord e Sud, un punto di incontro e di conoscenza. Abbiamo trovato tanta cultura del vivere insieme, frutto dei famosi due polmoni di cui abbiamo bisogno per respirare bene. Abbiamo trovato anche alcune ferite, eredità di dolori terribili da tutte le parti. Incontri come questo aiutano a rendere le differenze quello per cui le abbiamo: ricchezza per tutti.
In questi giorni non abbiamo parlato della partecipazione: l’abbiamo vissuta, come in questi anni nel Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Siamo venuti qui pieni di voglia, carichi di esperienze sociali, di realtà, non di studi o laboratori. Le debbo dire: dopo questi giorni la voglia è cresciuta, voglia di partecipazione, voglia di rendere migliore questo mondo, di aiutare la democrazia viva del nostro Paese e dell’Europa, non quella del benessere individuale, ma quella del bene comune, che è stare bene tutti. Alle sfide vogliamo rispondere da cristiani. Vogliamo dare frutti di democrazia, cioè di uguaglianza, di diritti e doveri per tutti. Al cuore della democrazia ci sono le persone e c’è un atteggiamento di fiducia e speranza.
I cattolici in Italia non sono una lobby in difesa di interessi particolari e non diventeranno mai di parte, perché l’unica parte che amano e indicano liberamente a tutti è quella della persona, ogni persona, qualunque, dall’inizio alla fine naturale della vita. E non un amore qualsiasi, ma quello che ci insegna Gesù. L’altra sera abbiamo ascoltato un’orchestra. Tanti strumenti. Ogni musicista si era preparato, come deve essere, per dare il meglio di sé. Ogni strumento è importante, ma nell’orchestra tutti hanno bisogno di accordarsi agli altri. Così si realizza un’armonia e una sinfonia meravigliosa. Ecco come pensiamo la democrazia. Grazie perché, unendo lo spirituale e il sociale, come ci chiede Gesù, possiamo aiutare il mondo a essere ciò che Dio vuole: la casa comune di fratelli tutti, sinfonia di amore e differenze che cantano la gloria di Dio e dell’uomo di cui Lui si prende cura.