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Il contesto e gli obiettivi   versione testuale
Nella sessione del 10-13 marzo 1997 il Consiglio Episcopale Permanente approvò il Regolamento dei concorsi per la realizzazione di progetti pilota con finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana allo scopo di promuovere con cadenza annuale (nel testo attuale: “con cadenza ordinariamente biennale”) tre concorsi nazionali a invito per la costruzione di tre complessi parrocchiali, uno per ciascuna area geografica (nord, centro, sud), ogni complesso parrocchiale comprendente chiesa, casa canonica e opere di ministero pastorale.
Il contesto nel quale si situava l’iniziativa della CEI era il “progetto culturale”, promosso dai vescovi italiani nel 1994 e che si sarebbe sviluppato negli anni successivi. In effetti, oltre a dover qualificare maggiormente l’edilizia di culto, i progetti pilota avevano lo scopo di promuovere il dialogo tra la Chiesa Italiana e il vivace mondo degli architetti.
 
Il citato Regolamento fu interessato da successive integrazioni esecutive, approvate dalla Presidenza della CEI nella riunione del 18 giugno 1997, nonché da indicazioni del Segretario Generale della CEI, con documento del 6 ottobre 1997, prot. N. 958/97.
 
La CEI, che ormai da tempo aiuta le diocesi italiane a costruire nuovi complessi parrocchiali con sostanziosi contributi finanziari e con l’autorevole guida rappresentata dalla Nota Pastorale della Commissione Episcopale per la Liturgia: La progettazione di nuove chiese, 18 febbraio 1993, ha bandito i concorsi per richiamare l’attenzione delle diocesi stesse su tre punti fondamentali: 1. per realizzare chiese e opere parrocchiali dignitose dal punto di vista architettonico è necessario incaricare architetti di elevata competenza; 2. la progettazione di edifici che si propongono come segni ecclesiali significativi richiede di essere accurata e completa, anche per quanto riguarda le opere d’arte, gli arredi e gli spazi esterni; 3. la progettazione delle nuove chiese deve essere necessariamente caratterizzata dalla collaborazione tra committenti, architetti, artisti, liturgisti e teologi.
 
Promuovendo i concorsi nazionali, la CEI non ha inteso ricercare “tipi” di chiese da proporre come modelli e paradigmi architettonici alle diocesi, né promuovere linguaggi particolari; ha inteso piuttosto suggerire un metodo di lavoro e di ricerca.
La CEI ha ritenuto opportuno far ricorso a uno specifico bando di concorso, il bando a inviti, limitando fortemente il numero dei concorrenti; ha compiuto questa scelta non perché la ritenesse l’unica possibile o la migliore in assoluto, ma per poter intrattenere rapporti più intensi con i progettisti invitati e per facilitare il dialogo tra i progettisti e le altre figure coinvolte nella progettazione.
 
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