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Giovani sposi in cammino... non da soli (ed. Cantagalli)


Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia - Dagli atti del convegno di Abano Terme, 25 - 29 giugno 2005.


PRESENTAZIONE

Senza la famiglia la Chiesa non può vivere. Essa ha bisogno, oltre che del ministero dei vescovi e dei presbiteri che rendono presente l’amore di Gesù buon pastore, anche dell’amore sponsale della famiglia per essere segno e luogo dell’incarnazione dell’amore di Dio tra gli uomini.
Questo vale anche e soprattutto in relazione alle giovani coppie: una Chiesa, per essere giovane e vitale ha bisogno di sposi giovani e di famiglie giovani. Uno dei segnali di invecchiamento della Chiesa è dato dal fatto che molte nostre assemblee domenicali sono frequentate quasi esclusivamen–te da persone anziane e da bambini, venuti a Messa spesso senza i genitori: è una visione che dà tri–stezza, è un segnale che denuncia una patologia della Chiesa. Una Chiesa viva genera famiglie gio–vani, che sono “pietre scelte per la costruzione dell’edificio”.
 I giovani sposi sono una porzione delicata e vitale per quel corpo che è la Chiesa. A Cana di Galilea Gesù ha riacceso la festa di una giovane coppia con il “vino speciale” alla fine del banchetto, quan–do la festa rischiava di esaurirsi. Nella chiesa e nella società i giovani sposi sono come il vino nuo–vo, che emana fragranza, amabilità, colore, profumo, ma che ha bisogno anche di una cura speciale per assestarsi e mantenersi buono nel tempo.
Dove i giovani sposi di oggi possono trovare l’ambiente e le occasioni per far gustare la loro fra–granza e espandere la loro gioia? Dove possono incontrare la cura e l’attenzione necessarie perché la preziosità del loro “vino buono” non si impoverisca? Se la Chiesa oggi comincia un po’ di più ad occuparsi di loro, non è soltanto per rispondere alle preoccupazioni di chi vede entrare in crisi tante coppie già nei primi anni, o addirittura nei primi mesi, di matrimonio. E soprattutto perché crede che la giovane coppia di sposi è una risorsa ricca e importante, della quale la comunità – ecclesiale e civile – non può fare a meno, pena il restare impoverita nella sua vitalità e nella sua capacità di servire al bene delle persone.
 Se oggi siamo preoccupati per la fragilità che mette a rischio la sopravvivenza di tante giovani cop–pie, che pure erano approdate al matrimonio con entusiasmo e con tante attese, dobbiamo ammette–re che forse le nostre comunità non hanno coltivato con sufficiente cura la pianta dell’amore, che il Signore ha seminato e fatto germogliare come la ricchezza più preziosa. Non l’abbiamo coltivata nel suo nascere e nel suo primo svilupparsi  nell’innamoramento dell’adolescenza; non l’abbiamo sufficientemente alimentata nella fase promettente nella quale si apprestava ad essere trapiantata nel giardino del matrimonio e della famiglia; non l’abbiamo irrigata ed esposta al Sole proprio quando la sua crescita si presentava promettente e carica di futuro nei primi anni di vita familiare.
Dobbiamo anzitutto riconoscere questo tesoro che Dio continuamente elargisce alle nostre comuni–tà, e ringraziare il Padre dei cieli, che non fa mancare nei nostri giovani il miracolo dell’amore e che sa donare anche oggi il coraggio di tradurre l’amore in un progetto coraggioso per la vita. E dob–biamo essere consapevoli della enorme responsabilità di accogliere questo dono e di sentirlo affida–to alla nostra cura perché diventi ricchezza di tutti.
 Ma non dobbiamo dimenticare che è un tesoro custodito “in vasi di creta” : l’amore di tanti giovani sposi che hanno cominciato da poco la loro avventura coniugale presenta oggi, in questo contesto culturale, tutta la sua fragrante freschezza e insieme tutta la sua fragilità. Il mondo dei giovani è at–traversato da sentimenti e da esigenze variegate: voglia di dialogo e slanci di generosità, paure e conflittualità, ideali e frustrazioni, problemi legati al lavoro e alla casa, legami con le famiglie di o–rigine vissuti in dinamiche contraddittorie tra dipendenza e abbandono totale… Oggi è forse più dif–ficile di un tempo  armonizzare le esigenze del lavoro con i tempi della famiglia, trovare l’equilibrio tra la libertà di relazioni extrafamiliari intense e la custodia del “noi” della coppia, vivere il tempo libero come risorsa rigeneratrice senza farlo diventare un idolo dissipante, custodire la preziosità della casa rendendola aperta e contemporaneamente segreta, intessere con i figli una relazione non possessiva, che sviluppi in essi libertà e autonomia.
L’accompagnamento dei giovani sposi è un ministero non facoltativo per le nostre Chiese. Non si tratta tanto di inventare contenuti nuovi e percorsi articolati di formazione sistematica: abbiamo già abbondanti sussidi per gruppi famiglie e simili. Si tratta piuttosto di domandarsi:
– Dove possiamo incontrare queste persone? Non possiamo certo aspettarle in chiesa: dobbiamo avere fantasia e creatività per andarle a cercare nei luoghi abituali dove esse vivono.
– Come entrare in una relazione accogliente e di sim–patia reciproca? Qui si tratta di mettere in at–to tutte le qualità richieste da una buona relazione interpersonale, a cominciare dalla simpatia che mette a proprio agio e comunica gioia e fiducia.
– Come diventare compagni di viaggio per un tratto di strada? Cercando di aiutarli, attraverso la pedagogia della condivisione delle cose semplici ed essenziali della vita, a scoprire la “buona notizia” che può dare sapore alla loro esistenza come persone e come famiglia?
 Non c’è dubbio che la migliore ricetta pastorale è quella di amare i giovani sposi senza fare troppe distinzioni e credere nelle enormi potenzialità che il loro amore racchiude, desiderare il loro bene, avere voglia di farli incontrare con Gesù Cristo e il suo Vangelo, sapendo però che rispetto a questo sogno noi possiamo soltanto imitare Giovanni Battista il Precursore: l’amico dello Sposo, che tiene il dito puntato sullo Sposo, che esulta di gioia quando avviene l’incontro dello Sposo con la sposa e poi sa tirarsi in disparte con discrezione, accettando di diminuire perché Lui cresca.
 Compito della pastorale familiare è formare operatori pastorali che siano persone adulte nella fede, capaci di accogliere i fratelli e sorelle con ricchezza del rapporto umano e con passione pastorale, con profondo rispetto del mistero che c’è in ogni persona umana e in ogni storia di amore, per quan–to contorta e provata dalla vita. Tra i tanti catechisti (quasi sempre catechiste) che attualmente si oc–cupano di bambini e di ragazzi, dovremmo individuare alcune persone – meglio se alcune coppie di sposi – che abbiano il coraggio di avventurarsi nella relazione con gli adulti per contagiarli della ricchezza umana e spirituale del Vangelo. Queste persone naturalmente vanno formate e sostenute in questo indispensabile ministero.
 Molte diocesi stanno già lavorando con impegno nella pastorale dei giovani sposi; auspichiamo che questo contributo, che nasce dalla riflessione e dall’esperienza di molte famiglie e di diverse comu–nità, possa essere uno stimolo per sollecitare impegno generoso e fantasia di iniziative: e che i gio–vani sposi, accompagnati con entusiasmo alla scoperta delle enormi potenzialità che la prima fase della loro vita familiare racchiude, possano essi stessi divenire protagonisti di una Chiesa che an–nuncia, celebra e serve “l’autentico vangelo del matrimonio e della famiglia”.

Mons. Sergio Nicolli
Direttore dell’Ufficio nazionale di pastorale familiare per la pastorale della Famiglia

Enrica e Michelangelo Tortalla
Collaboratori per la Consulta nazionale


Sergio Nicolli, Enrica e Michelangelo Tortalla