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"Figli dello stesso Padre. Frammenti di umanità dentro e fuori la città" (I)
Una lettera pastorale del Vescovo di Vicenza su Rom e Sinti
Fondazione Migrantes


520) “FIGLI DELLO STESSO PADRE. FRAMMENTI DI UMANITà DENTRO E FUORI LA CITTà” (i)


 


     Una lettera pastorale del Vescovo di Vicenza su Rom e Sinti


 


vicenza (Migranti-press) - La vita pellegrina dei nomadi deve ricondurci ad immagini bibliche antiche, quelle di un popolo in cammino, nelle quali si ritrovano le radici dell’essere popolo di Dio. “É proprio questa presenza-compagnia di Dio che siamo chiamati a rendere visibile, concreta, fra una carovana e l’altra, tra un accampamento e l’altro”. É quanto scrive mons. Cesare Nosiglia, Vescovo di Vicenza, nella lettera pastorale consegnata da pochi giorni alla diocesi e dedicata ai nomadi. “Non posso pensare alla Chiesa di Vicenza a me affidata - scrive il presule - e non tenere abbracciata con gli occhi del cuore e della fede ogni realtà, ogni comunità cristiana, ogni angolo abitato, ogni persona. E lo sguardo si ferma lì, dove la vita è dura non solo per le fatiche ordinarie, ma perché non c’è ancora uno spazio per stare, per mangiare, per lavorare, per dormire. Sì, penso a voi, fratelli e sorelle Rom e Sinti che abitate già da decenni vicini a noi e per i quali è come se fosse sempre il primo giorno del vostro arrivo: la precarietà, il rifiuto, la paura, fanno di voi dei perenni esiliati, dei costretti fuggitivi senza tregua”.


Nella lettera, dal titolo “Figli dello stesso Padre. Frammenti di umanità dentro e fuori la città”. Rivolta alle comunità cristiane vicentine, ai fratelli Rom e Sinti, alle istituzioni e a tutte le persone di buona volontà che abitano il territorio berico, mons. Nosiglia ricorda che la presenza dei nomadi ci riconduce ad immagini bibliche antiche nelle quali ritroviamo le radici del nostro essere popolo di Dio: un popolo in cammino, uno snodarsi in fila di carovane cariche di vita, dentro le generazioni e gli anni della storia, alla ricerca dei beni essenziali per vivere. Provvisorietà, lentezza del cammino, sete e fatica - scrive mons. Nosiglia - fanno parte del nostro quotidiano, ma mai siamo vagabondi. Lì dove c’era la possibilità che un solo uomo, Caino, andasse ramingo per il mondo a causa del suo peccato, Dio intervenne perché non gli fosse fatto alcun male”.


"Ho presente - scrive ancora il vescovo di Vicenza - la laboriosità del popolo vicentino, la sua instancabilità, le tante fatiche sopportate per raggiungere situazioni di benessere per le proprie famiglie, per i figli dei figli. E so che la solidarietà, l’ospitalità non devono e non possono mettere a repentaglio ciò che ognuno si è procurato con il sacrificio e il lavoro. Ma è tempo di aprire spiragli di vita anche per chi, più svantaggiato per cause diverse, chiede di abitare tra noi, chiede di abitare con noi. Troppe sono ancora le provocazioni che ci impediscono di dormire sonni tranquilli, ma le provocazioni della storia possono essere occasioni per approfondire la nostra fede, per convertire il nostro cuore a Dio, allenandoci a proclamare con le labbra ciò che il cuore vive nella carità".


"Possiamo tollerare che questi fratelli Rom e Sinti - continua mons. Nosiglia - non abbiano condizioni minime per vivere, terra, acqua, dimora, e sentirci a  posto come cristiani?". L’invito è quindi quello di aprire "percorsi di convivenza e di corresponsabilità che ci consentano di sentirci ugualmente coinvolti nel trovare risposte adeguate e durature", in una visione della carità come semina, di un "osare la prossimità da chi sente come una spina nel fianco che altri fratelli e sorelle siano ai margini senza possibilità di riscatto". (R.Iaria/SIR/Migrantes)