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 Ufficio Liturgico Nazionale - Documentazione - Documenti e Discorsi del Santo Padre - Riforma liturgica e omelia 
Riforma liturgica e omelia   versione testuale
Papa Francesco

In continuità con i sui predecessori, il Santo Padre ha ribadito con estrema chiarezza che la riforma liturgica sancita dal Concilio Vaticano II, va accolta come autorevole atto di discernimento ecclesiale attuato alla luce del Vangelo e che è da considerarsi «assolutamente irreversibile».
Nel secondo brano, papa Francesco ricordando il carattere peculiare e strategico dell’omelia «pietra di paragone per calibrare la vicinanza e la capacità di incontro di un pastore con il suo popolo», ha sottolineato come essa, evitando derive catechistiche o moralistiche, debba configurarsi innanzitutto come «annuncio dell’amore salvifico di Dio». 
 
D. «Che cosa ha realizzato il Concilio Vaticano II? Che cosa è stato?», gli chiedo alla luce delle sue affermazioni precedenti, immaginando una risposta lunga e articolata. Ho invece come l’impressione che il Papa semplicemente consideri il Concilio come un fatto talmente indiscutibile che non vale la pena parlarne troppo a lungo, come per doverne ribadire l’importanza.
R. «Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi. Basta ricordare la liturgia. Il lavoro della riforma liturgica è stato un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una situazione storica concreta. Sì, ci sono linee di ermeneutica di continuità e di discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: la dinamica di lettura del Vangelo attualizzata nell’oggi che è stata propria del Concilio è assolutamente irreversibile. Poi ci sono questioni particolari come la liturgia secondo il Vetus Ordo. Penso che la scelta di Papa Benedetto sia stata prudenziale, legata all’aiuto ad alcune persone che hanno questa particolare sensibilità. Considero invece preoccupante il rischio di ideologizzazione del Vetus Ordo, la sua strumentalizzazione» (p. 467).
 
D. Come fare una pastorale missionaria…? Su che cosa far leva?
R. «Dobbiamo annunciare il Vangelo su ogni strada, predicando la buona notizia del Regno e curando, anche con la nostra predicazione, ogni tipo di malattia e di ferita.
[…] Dico questo anche pensando alla predicazione e ai contenuti della nostra predicazione. Una bella omelia, una vera omelia, deve cominciare con il primo annuncio, con l’annuncio della salvezza. Non c’è niente di più solido, profondo e sicuro di questo annuncio. Poi si deve fare una catechesi. Infine si può tirare anche una conseguenza morale. Ma l’annuncio dell’amore salvifico di Dio è previo all’obbligazione morale e religiosa. Oggi a volte sembra che prevalga l’ordine inverso. L’omelia è la pietra di paragone per calibrare la vicinanza e la capacità di incontro di un pastore con il suo popolo, perché chi predica deve riconoscere il cuore della sua comunità per cercare dove è vivo e ardente il desiderio di Dio. Il messaggio evangelico non può essere ridotto dunque ad alcuni suoi aspetti che, seppure importanti, da soli non manifestano il cuore dell’insegnamento di Gesù» (pp. 463-464).