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Il segno della chiesa nella città
 

Intervista al Prof. Franco Cardini*
a proposito del libro Casa tra le case” di Carla Zito

 *Franco Cardini, storico medievalista, ordinario di Storia Medievale a Firenze, ha alle spalle una lunga carriera di insegnamento in atenei italiani e stranieri. Ha fatto e fa parte di molteplici Comitati Scientifici di Associazioni culturali, Fondazioni e Istituti. Tra questi, si segnalano la sua partecipazione alla Commissione Nazionale Italiana dell'UNESCO, la docenza alla Pontificia Università Lateranense, la partecipazione al Comitato scientifico dell’Istituto Veritatis Splendor della Curia Arcivescovile di Bologna.

Gli argomenti trattati nella rubrica “Un libro al mese” sono ridiscussi in interviste con diversi esperti. Ne nasce un colloquio volto ad approfondire gli argomenti esposti nei volumi. Le opinioni presentate sono qualificate ma personali, non necessariamente condivise da chi promuove la rubrica.
07/05/2015
C'è stata un'epoca in cui le chiese nuove tendevano a essere costruite quasi nascoste tra le case: questo è avvenuto in diverse circostanze tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 del secolo scorso.
 
Come ritiene si possa inquadrare questa tendenza sotto il profilo storico?

«È una tendenza che si manifesta quando le circostanze lo impongono. Per esempio, questo accade nei Paesi musulmani. Dove la Sharia è in pieno vigore, come in Arabia Saudita, erigere chiese è vietato, così come praticare in pubblico un culto diverso da quello islamico o praticare il proselitismo. Vi sono molti Paesi di religione islamica dove è possibile costruire chiese, ma spesso la condizione sine qua non è che non siano alla vista, e in ogni caso la pratica della religione cristiana risulta, se non osteggiata, emarginata e comunque occultata.
Beninteso, anche in Europa s'è diffusa una tendenza all'occultamento, il che è un fatto che avviene quando il potere civile tende con i propri palazzi a dominare l'ambiente urbano. Tale fenomeno si è imposto a partire dalla fine del Settecento, quando hanno cominciato a sorgere imponenti edifici per le stazioni ferroviarie o per le borse valori, espressioni del nuovo potere tecnologico ed economico che andava diffondendosi. In quell'epoca si è manifestata anche in Europa un'attiva persecuzione anticattolica. Gli edifici del potere civile hanno assunto il posto delle cattedrali e sono stati concepiti magniloquenti e dominanti, spesso di stile neogotico, come per evidenziare che questi erano le nuove basiliche. Questa situazione non è stata veramente contrastata da parte dei cristiani, i quali l'hanno semplicemente accettata o subita come manifestazione di una condizione di necessità».
 
07/05/2015
Ma negli anni Sessanta e Settanta del XX secolo non si può parlare di persecuzione dei cattolici sul suolo europeo...

«In quegli anni il fenomeno non è stato molto diverso: si può dire che sia maturato il frutto di anni di crescente emarginazione dei cattolici dal mondo. Le idee prevalenti,  nella cultura e nell'opinione pubblica, erano decisamente avverse o quanto meno estranee al cristianesimo e alla sua tradizione. E da parte cristiana s'è mantenuto un atteggiamento che, come ricordo lo chiamava il mio confessore, voleva essere di “rispetto umano”. Ma questo rispetto è stato eccessivo e si è tradotto in una mimesi culturale, in un piegarsi alle istanze prevalenti senza proporre con giusta forza la difesa della identità cristiana.
Il problema è stato affrontato dai Padri del Concilio Vaticano II: si sono chiesti come ridare fierezza ai cristiani, e hanno risposto con la ricerca del rinnovamento del cristianesimo nel dialogo con la modernità. Grandi sono stati i problemi sollevati da questa condizione. Maritain ha detto: “La Chiesa si sta inginocchiando davanti al mondo”.
Questa situazione ha generato una forte tensione all'interno della Chiesa e ha dato luogo a una scollatura, una dicotomia, una divaricazione tra quella che può essere descritta, prendendo a prestito le categorie di giudizio politico prevalenti, come una estrema sinistra e una estrema destra cattoliche. All'origine di entrambe c'è la stessa domanda: che fare di fronte alla modernità e alle tensioni cui questa sottopone la Chiesa. Ma le risposte sono state divergenti, pur se date da ambiti culturali e persone molto vicine tra loro.
Per esempio Giorgio La Pira, amico di personaggi che scelsero un cristianesimo fortemente conservatore quali Papini e Giuliotti, decisamente rifiutò la destra cattolica quale quella che fu espressa da Lefebvre. E la sinistra cattolica interpretava la Teologia della liberazione alla luce di quel che si vedeva qui da noi, per esempio col cattocomunismo di Franco Rodano. In realtà la Teologia della liberazione fu fenomeno ben distinto, e non a caso oggi è rivalutata da papa Francesco, di formazione gesuita e decisamente continuatore degli insegnamenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI».
 
07/05/2015
Tutto questo ha un riscontro, un'espressione evidente nell'architettura. La costruzione delle chiese manifesta la concezione che di sé ha la Chiesa...

«C'è stata quella che si può chiamare “teologia dell'architettura”, e la si è vista fino al XVIII secolo, ovvero fino a quando la Chiesa è stata sinonimo della civiltà europea. Quando questa identificazione è venuta a mancare, la società civile ha cessato di fondarsi sulla Chiesa. La chiesa edificio ha cessato di essere il fondamento della città. Ed è stata progressivamente emarginata».

 
07/05/2015
Ma col pontificato di Giovanni Paolo II l'epoca del nascondimento è sembrata svenire...

«L'epoca di Giovanni Paolo II è stata improntata all'antimodernismo. E al riguardo, malgrado quanto si dice, papa Francesco non ha mutato nulla. Il suo insistere sull'impegno sociale per la carità, non fa che riprendere gli insegnamenti fondamentali della Chiesa, già portati avanti con forza da Giovanni Paolo II. Certo, lo stile comunicativo dei differenti papi può variare, vi sono aggiustamenti e modi di porgere volti a meglio dialogare col popolo dei cristiani. Ma, bisogna accettarlo, la società è secolarizzata, non è più cristiana e questo sul piano architettonico si traduce nel fatto che la chiesa non è più al centro della città. I cristiani sono diventati minoranza a fronte di una società civile che a volte tende ancora a considerarli come avversari e spesso a guardarli come un epifenomeno di non grande rilevanza. Bisogna riconoscere e accettare questa condizione di minoranza, e non illudersi che i molteplici segni cristiani rimasti incisi nel tessuto sociale e nel tessuto urbano della nostra società significhino ancora espressioni religiose, per un laicato che li assume solo come segni di carattere culturale, avulsi da un contesto di fede.
Le celebrazioni delle feste che punteggiano l'anno, hanno un'origine in prevalenza cristiana: ma il loro contenuto è totalmente diverso agli occhi del laico che ne usufruisce. Lo stesso vale per gli edifici: per quanto il cristianesimo sia osteggiato ed emarginato, sono accettati come testimonianza ridotta alla sola dimensione culturale. Così, per esempio, i miei colleghi accademici mi scherniscono se parlo del demonio: lo considerano cosa irrazioniale e lontana, da dimenticare. Ma sono indifferenti di fronte al fatto che da cattolico praticante io creda nella transustanziazione: la considerano un'ipocrisia peculiare della religione e questo per loro non ha alcuna rilevanza. La visione anticristiana è cresciuta passo passo con la modernità in modo strisciante, sino a divenire egemonica. Da tale posizione la Chiesa è accettata, purché permanga nelle condizioni di emarginazione».
 
07/05/2015
Eppure la chiesa edificio nel contesto urbano ha ancora un valore simbolico.

«Certo, c'è questo valore simbolico nell'edificio, e architetti e committente cercano di valorizzarlo anche nelle nuove chiese. Tuttavia manca una coscienza teologica dei simboli. Manca una coscienza adeguata dei valori simbolici – che peraltro si potrebbe facilmente acquisire per esempio studiando l'introduzione alla teologia medievale scritta da Herni De Lubac. Bisognerebbe recuperare una più affinata conoscenza e coscienza del valore simbolico degli edifici, per tornare a imprimervelo. Valore simbolico che peraltro resta vivo nella coscienza dei costruttori che operano in altri contesti religiosi, per esempio gli Induisti o gli Islamici, per i quali l'orientamento degli edifici sacri costituisce ancora un fondamento importante. Fondamento che da noi è caduto: non ora, ma da tempo, a partire dal XVI secolo. Quando Leon Battista Alberti eresse Santa Maria Novella a Firenze, la dispose sull'asse nord-sud, invece che sull'asse est-ovest. Allora questo era un fatto inconcepibile e vi fu un'agguerrita opposizione. Ma alla fine, grazie anche al prestigio dell'Alberti, la variazione fu accettata. Oggi, malgrado le puntualizzazioni compiute al riguardo da Benedetto XVI, il tema simbolico dell'orientamento è ancora ben poco sentito. Prevale la cultura laicale. C'è poco da fare, bisogna accettare le condizioni attuali. Ma bisogna anche insistere nel sostenere il valore degli edifici ecclesiastici. Compiere l'operazione inversa a quella compiuta dal mondo laicale: cercare di risollevare la qualità degli edifici civili, quali quelli diffusi nelle periferie, partendo da quelli religiosi».
 
 
 
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